Una sforbiciata al personale svizzero da 3mila posti e l'integrazione delle attività svizzere dell'ex rivale Credit Suisse, con la fusione legale che dovrebbe completarsi nel 2024 e la scomparsa del marchio prevista a partire dal 2025. Questi sono i piani della nuova Ubs del ceo Sergio Ermotti, che ha dato in pasto alla comunità finanziaria un piano di taglio dei costi da 10 miliardi di dollari entro al 2026 (più alto di una stima precedente di 8 miliardi entro il 2027). Un target che èpiaciuto agli investitori, che hanno premiato il titolo di Ubs che ha guadagnato in Borsa oltre il 6% a 23,50 franchi svizzeri toccando i massimi dal 2008 (+35% dall'annuncio del salvataggio).
Per i rivali, acquisiti nei mesi scorsi con un blitz da appena 3 miliardi di franchi in un'operazione orchestrata dalla banca centrale svizzera, è stata quindi preferita l'integrazione allo scorporo. «La soluzione scelta», ha detto Ermotti, «è di gran lunga la migliore possibile». Le analisi effettuate «hanno confermato la necessità dell'acquisizione. Per Credit Suisse non era solo una questione di liquidità: l'istituto non avrebbe più potuto sopravvivere da solo».
Il gruppo guidato da Ermotti ha realizzato nel secondo trimestre il profitto più alto della storia bancaria a circa 29 miliardi di dollari (26,5 miliardi di euro). Un numero da record, anche se generato proprio dall'acquisizione di Credit Suisse che ha prodotto un avviamento negativo di 29 miliardi, il che significa che Ubs è stata acquisita a un valore notevolemnte inferiore a quello di bilancio. Il dato sui profitti, comunque, è inferiore alle attese degli analisti, che si aspettavano 33,4 miliardi di dollari. L'utile ante imposte sottostante - quindi senza contare avviamento negativo, costo pagato per l'acquisizione e relative spese di integrazione - si è attestato invece a 1,1 miliardi di dollari. Il Cet 1 ratio, ovvero l'indice di solidità patrimoniale, è stato invece al 14,4 per cento. Spostando lo sguardo sui conti trimestrali del solo Credit Suisse si osserva che nel secondo trimestre ha accusato una perdita ante imposte di 8,9 miliardi di franchi svizzeri (9,2 miliardi di euro).
Tornando però al piano di esuberi, Ermotti ha affermato che «nel nostro settore è difficile fare le profonde ristrutturazioni necessarie al Credit Suisse ed estrarre sinergie senza senza passare attraverso le persone e gli organici» e «nei prossimi anni avremo circa 3 mila posti di lavoro in eccesso», di cui «mille in relazione alla nostra decisione di integrare la banca svizzera» e la restante parte legata «alla necessità della ristrutturazione». Dopo l'acquisizione del Credit Suisse, infatti, il gruppo ha visto lievitare il suo personale di 45 mila dipendenti sfiorando quota 120 mila, di cui 39 mila in Svizzera. Nei primi sei mesi del 2023, intanto, già 8mila dipendenti Credit Suisse hanno lasciato. Ma evidentemente questi numeri non bastano. E così saranno necessari nuovi esuberi che partiranno alla fine del 2024 o all'inizio del 2025, ha chiarato Ermotti in conferenza stampa, spiegando che la «grande maggioranza della riduzione dei costi arriverà da abbandoni naturali, pensionamenti e mobilità interna».
La cura dimagrante, in ogni caso, non riguarderà solo i dipendenti svizzeri, ma tutta la struttura a livello globale: gli analisti stimano che alla fine la riduzione dei posti di lavoro sarà complessivamente fra i 30mila e i 35mila posti.Infine, sono salve fino alla fine del 2025 le sponsorizzazione svizzere in vigore di entrambe le banche.
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