Vedi Napoli e poi ti arrabbi?

Oltre il rancore Nord-Sud e il reddito di cittadinanza

Vedi Napoli e poi ti arrabbi?

Al centro della scia mediatica su Napoli “idrovora italiana del reddito di cittadinanza” ci sono i dati dell’osservatorio statistico dell’INPS del 7 aprile 2021 pubblicati sul portale dell’Istituto previdenziale. Una delle tavole, la 1.5 bis, riassume il quadro numerico e geografico delle famiglie che hanno percepito a marzo 2021 o il reddito o la pensione di cittadinanza. Come sappiamo si tratta di misure d’integrazione dei redditi familiari svantaggiati economicamente. Se il beneficiario ha oltre 67 anni il reddito diventa pensione. Da questa tabella si legge che a Napoli 146.920 famiglie hanno percepito il reddito di cittadinanza e 10.434 la pensione di cittadinanza. Quindi a Napoli sono interessate da queste prestazioni statali quasi 439.000 persone (438.971 per la precisione). Un dato che balza agli occhi e che rende la platea dei cittadini residenti in Campania la più numerosa in termini di redditi e pensioni di cittadinanza ricevuti. Qui il primo chiarimento. Per Napoli s’intende l’area metropolitana, Napoli città più la provincia. Cioè un conglomerato urbano di oltre 3 milioni di abitanti comprendente 92 Comuni, molti dei quali per grandezza e importanza strategica non faticherebbero a essere capoluoghi di provincia in molte altre regioni: Giugliano in Campania con 124.000 abitanti, Torre del Greco con 86.000, Pozzuoli con 81.500, Casoria con 77.000, Castellammare di Stabia con 66.000. Questo fa della metropoli partenopea la terza area più popolosa del Paese dopo Roma Capitale e Milano. Milano e provincia contano 3 milioni 265mila residenti, circa 230mila più di Napoli, ma con più Comuni (133) e una superficie di 400 chilometri quadrati in più.

Andando a vedere la densità abitativa per chilometro quadrato Napoli è di gran lunga la prima anche in una classifica per Comuni: nella top ten 7 sono targati NA, 2 sono in provincia di Milano e 1 in provincia di Salerno. Alta densità abitativa significa mobilità, viabilità, logistica più complesse. Tornando alla tabella dell’INPS il dato napoletano salta agli occhi. Per trovarne uno più alto bisogna considerare tutta la Sicilia (548.000 cittadini precepiscono reddito o pensione di cittadinanza). Oppure, come hanno fatto i più, contare i soldi: a Napoli sono stati spesi in media 650,84 euro per ogni cittadino sussidiato, la cifra più alta d’Italia che ha percepito un sussidio medio di 559 euro. Questo perché a determinare l’importo mensile di reddito o pensione sono alcuni requisiti come un ISEE (indicatore della situazione economica equivalente, la “radiografia” dei redditi di una famiglia) inferiore ai 9.360 euro all’anno, un patrimonio immobiliare che non superi i 30.000 euro (prima casa esclusa), un patrimonio mobiliare massimo di 6.000 euro. Parametri che cambiano a seconda del numero di componenti familiari. Qui vengono in soccorso gli indicatori demografici dell’ISTAT, annuario 2020: la Campania è la regione più giovane d’Italia con un’età media di 43 anni (media nazionale 45,7), la più prolifica con un quoziente di natalità a 8,1 (media nazionale a 7), il che ha significato che nel 2018 in Campania sono venuti al mondo 48.066 neonati (solo la Lombardia ha fatto meglio con 75.693 neonati su 439.747 in tutta Italia), la Campania ha un numero di famiglie con oltre 5 componenti che è doppio rispetto alla media nazionale. Tutti fattori che incidono sulla platea e sull’importo medio del reddito come della pensione di cittadinanza. Tutti i media hanno lanciato il paragone tra Napoli e il Nord Italia: a marzo 2021 nella macroregione settentrionale (quindi dall’Emilia Romagna all’arco alpino) 224.872 famiglie (452.044 persone) hanno ricevuto redditi e pensioni di cittadinanza per un importo medio di 464,17 euro, con una spesa complessiva di 109 milioni e 700mila euro. Sempre a marzo 2021 nella città metropolitana di Napoli 157.354 famiglie (438.971 persone) hanno ricevuto redditi e pensioni di cittadinanza per un importo medio di 650,84 euro e una spesa complessiva di 102 milioni e 200mila euro, cioè 7 milioni e mezzo di euro in meno di tutto il Nord. I dati anagrafici di cui sopra contestualizzano meglio questo breve distacco che si vorrebbe implicitamente scandaloso ed emblematico di un Mezzogiorno assistito, di cui Napoli è un simbolo mediaticamente perfetto, da contrapporre a un Settentrione ricco, produttivo e “spremuto”. Facile rappresentazione mediatica che può essere ancor meglio depotenziata considerando il numero di imprese attive sui territori. Secondo l’annuario 2019 dell’ISTAT le imprese attive in Italia nel 2017 erano 4 milioni 398mila con 17 milioni 59.480 addetti.

Nelle 8 regioni del Nord ce n’erano 2 milioni 203.236 con 9 milioni 821.334 addetti. In Campania c’erano 348.962 imprese con 1 milione 50.987 addetti. Secondo i dati della Camera di Commercio di Milano, Monza Brianza, Lodi nel 2017 la città metropolitana meneghina aveva 378.282 imprese con 2 milioni 128.185 addetti; da sola Milano batteva tutta la Campania. Secondo i dati della Camera di Commercio di Napoli nel 2017 nella metropoli partenopea c’erano 241.552 imprese con 898.403 addetti. Ricordiamo che Milano ha 230mila abitanti in più di Napoli, considerando sempre le aree metropolitane. Non esattamente un abisso, per l’ordine di grandezze che stiamo trattando. Napoli inoltre dai primi Anni Novanta per precise e crescenti volontà politiche è stata colpita da una violenta desertificazione industriale. Solo tra il 1990 e il 1996 ha perso investimenti per 10 miliardi di euro. In quegli anni i tagli feroci alla spesa pubblica e la svendita ai privati di consistenti pezzi di industria statale tolgono a Napoli la Cirio (settore alimentare), l’Italsider (siderurgia), l’Agip e la MobilOil (raffinazione petroli), gli insediamenti industriali di Napoli Est. La crisi investe anche la cantieristica navale, soprattutto a Castellammare di Stabia. Per capire le dimensioni di questa mortalità industriale basti pensare che solo il settore siderurgico con l’indotto dava lavoro a 25.000 persone fino alla fine degli anni Ottanta. Per avere un’idea del ciclone che si abbattè sul Golfo, la Napoli contemporanea il 31 ottobre 2020 ha subìto il colpo psicologico della chiusura dello stabilimento Whirlpool (elettrodomestici): 350 operai. Circa 30 anni fa andarono in poco tempo in fumo decine di migliaia posti di lavoro. Quindi meno indotto, meno denaro circolante per il commercio, per i distretti artigiani, per l’intrattenimento. Questo è il punto: la terza metropoli italiana, capitale e simbolo di tutto il Mezzogiorno, è rimasta priva di investimenti strategici e di pianificazione territoriale negli ultimi trent’anni. Ignorata da sinistra e da destra.

E difficilmente il reciproco rancore tra sussidiati e autonomi, tra settentrionali e meridionali, potrà rilanciare l’Italia. Ciò a prescindere dalla ridotta utilità sul lungo termine di misure assistenziali e d’integrazione al reddito delle persone.

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