Il voto stile Cinque Stelle spacca Confindustria tra il Nord e i "romani"

Domani la designazione del nuovo presidente con una piattaforma tecnologica scelta ad hoc

Il voto stile Cinque Stelle spacca Confindustria tra il Nord e i "romani"

Il prossimo presidente di Confindustria arriva tra i veleni. Non basta il Covid-19 a rendere il momento drammatico per l'economia e per le imprese. Ora si aggiunge anche il sospetto che la votazione non risulti trasparente. Con il rischio di possibili strascichi associativi e forse giudiziari. Per Confindustria, già da tempo indebolita e chiamata nei prossimi quattro anni a gestire il periodo economico più difficile dopo il dopoguerra, sarebbe un colpo pesante.

Domani il Consiglio Generale dell'associazione dovrà designare il successore di Vincenzo Boccia, scegliendo tra i due candidati ammessi alla conta dalla Commissione di designazione: Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda, e Licia Mattioli, una delle attuali vicepresidenti di Boccia.

Tra i due, Bonomi arriva alla consultazione in grande vantaggio. E questa volta, a differenza delle ultime due elezioni, il margine non è dato dai sondaggi, ma è stato messo nero su bianco dalla stessa Commissione che, nella lettera di designazione, ha scritto che «il candidato Carlo Bonomi risulta avere un consenso superiore alla maggioranza assoluta dei componenti del Consiglio Generale e dei voti assembleari». Mentre Mattioli, sempre secondo i «saggi» presentava una «rilevante distanza di voti raccolti, di poco superiore alla metà rispetto a quelli ottenuti da Bonomi». Una partita che sembrava chiusa, quindi. Ma che sembra essersi improvvisamente aperta a causa del tipo di votazione indotta dalla pandemia in atto: i 183 consiglieri aventi diritto voteranno a distanza. E non con il sistema della pec notarile (posta certificata) bensì attraverso l'utilizzo di una piattaforma acquistata ad hoc da Confindustria dalla Gisa (srl romana). Ebbene, l'adozione di tale piattaforma tecnologica, sulle orme Rousseau dei Cinque Stelle, ha fatto molto discutere i vertici di Confindustria e non è stata presa come un esempio di cristallina trasparenza dalle parti di Assolombarda. Per la principale associazione del sistema confindustriale (Milano pesa per circa il 20% dei contributi nazionali) un risultato diverso da quello già descritto dai saggi a fine marzo sarebbe inspiegabile.

Bonomi avrebbe dalla sua almeno 107 voti, avendo raccolto anche gran parte dei bresciani che sostenevano il loro presidente Giuseppe Pasini, prima del suo ritiro dalla corsa per Confindustria. Con Bonomi è dunque schierata gran parte della Lombardia, la locomotiva economica del Paese, diventata nelle ultime sei settimane anche la regione più drammaticamente colpita dal Covid-19. E per questo chiamata più che mai a cavalcare la ricostruzione nazionale insieme al resto del Nord. Da Assolombarda non filtra alcun commento ufficiale, ma solo l'attesa per il voto di domani.

Tra qualche associato, invece, si raccoglie più di un malumore per gestione «romana» della consultazione. Fino al punto di ventilare ipotesi secessioniste.

La piattafoma Gisa è comunque testata in queste ore da tutte le componenti del sistema. Ieri si poteva votare tra due tulipani: uno rosso, l'altro bianco.

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