Un «Elisir» che si gusta sempre volentieri Ma Villazon e Machaidze non soddisfano

Al cuor non si comanda? Macché: si comanda, eccome. O almeno questa è l’opinione di Dulcamara, il medico ambulante che per dimostrare il suo teorema se ne va di piazza in piazza decantando le virtù di un farmaco. Si tratta, lui dice, di un elisir dai magici effetti: amorosi, anagrafici, lenitivi. Nemorino si beve frottole ed elisir pur di conquistare Adina. L’elisir, in realtà, è un buon vino Bordeaux, non ringiovanisce, non cura malattie ma, assunto senza risparmio, disinibisce. In sintesi, Nemorino si scioglie, e quindi scioglie pure Adina.
Ecco l’Elisir d’amore, opera di punta di Gaetano Donizetti andata in scena ieri sera alla Scala (che lo replica fino al 27). Un Elisir molto atteso, da tempo era partito il toto cantante. Tutti a chiedersi: come se la caverà Rolando Villazon (Nemorino) nel debutto alla Scala? Domanda legittima considerate le disavventure del tenore messicano, 38 anni, salutato al suo apparire, una decina d’anni fa, come il nuovo Placido Domingo. Una carriera fulminante con agenda sempre più fitta, contratti discografici di lusso, partner artistiche assai glam: tipo Anna Netrebko, la bellona della lirica. E via con la favola del tenore venuto da lontano, che scopre di avere un miracolo di voce facendosi la doccia, che tocca subito le vette. Tutti lo vogliono ma il suo sogno diventa incubo. Nel 2007 Villazon rimane senza voce, seguono cinque mesi sabbatici. Segue un altro stop, l’anno scorso, per un’operazione alle corde vocali. Gli ultimi mesi non sono proprio da annali, recite annullate, concerti troncati al settimo minuto per problemi di salute: come a Copenhagen un paio di mesi fa, dove si dice che Villazon abbia restituito il cachet al teatro. Povero Villazon, nella fossa dei leoni scaligeri in un momento così delicato. Ma accanto a lui, la georgiana Nino Machaidze (Adina), soprano cresciuta nella bottega dell’Accademia della Scala. Cresciuta piuttosto bene considerato che a 27 anni sta mettendo in fila i quattro debutti che contano (o stroncano). Entro un anno canterà al Covent Garden di Londra, Staatsoper di Vienna, Metropolitan di New York e Opéra di Parigi. Intanto però, ieri sera, il duetto non ha corrisposto alle attese e si è preso una sfilza di «buuh».


Solida e senza intoppi la carriera del baritono extralarge, ma dalla voce squisita, Ambrogio Maestri, alla Scala nel ruolo di Dulcamara. Vecchie glorie, nuove speranze, tutte impegnate in un Elisir neorealista, come l’ha inteso il regista Laurent Pelly.

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