Emanuele Salce: con un monologo faccio i conti col passato e con papà

Il sipario del teatro Cometa Off, da domani al 14 marzo, si aprirà su uno spettacolo sospeso tra pubblico e privato: al centro della scena, nel silenzio di un camerino, un attore non più giovane alle prese con una spericolata messinscena deve fare i conti con se stesso. Protagonista di questa storia che intreccia Dostoevskij e Europei di calcio, eros e thanatos, è Emanuele Salce, figlio del regista Luciano, scomparso vent’anni fa.
Partiamo dal titolo dello spettacolo «Mumble mumble… confessioni di un orfano d’arte»: cos’è una provocazione?
«È un gioco rischioso e affascinante. Se prima i miei padri sono passati attraverso di me, ora sono io che uso loro per questo spettacolo che è un’autoanalisi utile a chiudere il cerchi».
Lei è un triplo figlio d’arte, perché oltre a papà Salce e a mamma Diletta D’Andrea è stato il figlio acquisito di Vittorio Gassman: è stato difficile crescere in una famiglia così ingombrante?
«Teorie affascinanti dicono che siamo noi a scegliere la nostra famiglia terrena, perciò mi assumo tutte le mie responsabilità».
In scena porterà ricordi tragici e grotteschi che mescolano pubblico e privato.
«Sì, parlerò di quando sono morti i miei due padri, e racconterò le situazioni surreali che ho notato allora e di cui oggi colgo l’aspetto risibile».
A parte gli scatoloni di ricordi, foto, lettere e diari, cosa le ha lasciato in eredità Luciano Salce?
«Esperienze come questa, di fratellanza e appartenenza con lui. In scena faccio un lavoro di scavo per cercare cose che ho dentro, ma appartengono a mio padre».
Per Paolo Villaggio, Salce è stato uno degli uomini più importanti dello spettacolo italiano, eppure non tutti se ne ricordano.
«Se qualcuno ha l’obbligo di tenere vivo il suo ricordo, quello sono io».
Suo padre come commenterebbe questo spettacolo?
«Alla Salce, cinicamente direbbe "vedi ho fatto male ad andarmene prima, se fossi morto dopo avrei ritardato questo scempio”».


Crede di aver fatto il mestiere che desiderava, o pensa di essere stato condizionato?
«Vent’anni fa sono scappato da questo mondo e ho provato a fare tutt’altro: dai corsi di volo a Scienze politiche all’università, dall’assicuratore al nullafacente. Sono stato un autocommiserante e anche ubriacone. Ma non so se l'attore è la mia professione definitiva».

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