Emergenza spazzatura a Napoli fanno le Olimpiadi

Dopo 2 mesi di emergenza ancora 1200 tonnellate di pattume sulle strade. La gente è rassegnata e inventa forme di "convivenza", come il "salto della monnezza"

Emergenza spazzatura 
a Napoli fanno le Olimpiadi

Aumentano i napoletani che sul web sdrammatizzano il problema munnezza con video più o meno scherzosi. Cliccatissima la canzone Toda gioia toda munnezza, versione riveduta e corretta della hit musicale Toda goia toda bellezza; c’è poi il tentativo di record di una nuova specialità olimpica: «salto in lungo del bidone di spazzatura». Siamo a Napoli, due amici osservano il cassonetto dell’immondizia mentre l’«allenatore» li riprende nella fase di preparazione al nuovo «record per Pechino 2008». Decisamente originale la «specialità» nella quale sta per esibirsi uno dei due ragazzi: il salto in lungo dell’immondizia. Così il giovane «atleta» si siede sul cassonetto e il suo collega azione con il piede il sistema di apertura: l’atleta vola e stabilisce il nuovo record «a catapulta».
De Gennaro, invece, preferisce affidarsi a San Gennaro. Il supercommissario per l’emergenza rifiuti in Campania si sente solo e confida in una grazia. Ma il miracolo della sparizione della munnezza non è alla portata neppure del patrono di Napoli. Anche ieri, infatti, a «smaltire» parte delle 1200 le tonnellate di spazzatura ancora accumulate lungo le strade di Napoli sono stati i roghi (70 in 12 ore) appiccati dai cittadini sui quali continua a incombere una montagna di rifiuti. Un Everest di immondizia che da fine dicembre 2007 ad oggi si è abbassato di qualche centimetro grazie all’intervento dell’esercito e agli uomini messi in campo da Gianni De Gennaro. Uno sforzo che tuttavia non ha impedito l’ennesima giornata di proteste e blocchi stradali. A Cercola, tra i comuni del Napoletano maggiormente colpiti, un gruppo di donne ha rovesciato sulla carreggiata cassonetti e cumuli di spazzatura: i manifestanti lamentano la mancata raccolta dei sacchetti, che non avviene, dicono, dallo scorso novembre.
In queste condizioni diventa arduo anche dar credito ai medici secondo i quali «non esiste correlazione tra i rifiuti che giacciono lungo le strade e la trasmissione di malattie come il tifo o il colera». Sarà pure vero, come dicono gli esperti, che «non è tecnicamente possibile infettarsi attraverso il contatto con i rifiuti», ma certo vivere immersi nella munnezza. Sul punto è d’accordo pure Donato Greco, responsabile per il ministero della Salute nello staff del commissario straordinario Gianni De Gennaro: «La paura c’è e va capita...».
Intanto De Gennaro la prende con filosofia: «Qui, per poter fare, bisogna parlare. Parlare. Parlare con tutti. Spiegare. Convincere. Liberare dalla sfiducia e dalla diffidenza. Informare con correttezza. E poi, fare. Fare. Fare. Naturalmente ci vuole tempo e pazienza». Ma se sul fronte del «parlare» (insomma, delle chiacchiere) De Gennaro si sta muovendo alla grande, sul fronte del «fare» (insomma, della concretezza) le cose stanno andando molto più a rilento. Per De Gennaro ci vuole «tempo e pazienza»; ma «ogni limite ha una pazienza», commenterebbe Totò.
«Ora che il motore è partito - afferma l’ex capo della polizia, finito nella trincea della munnezza - bisogna metterla in grado di camminare da sola entro il 7 maggio. Prima del caldo». L’altro giorno De Gennaro ha raccontato la sua giornata-tipo al quotidiano Repubblica: «C’è sempre un sindaco, dietro la porta. C’è sempre un sindaco a pranzo. C’è sempre un sindaco al telefono. C’è gente a cui spiegare cosa è Camorra e cosa non è Camorra, perchè dove tutto diventa Camorra, magari ogni buco nella terra, allora niente è Camorra». Nel suo sfogo De Gennaro esplicita bene la propria filosofia: «I comuni della provincia di Napoli dicono alla città di tenersi la sua merda.

Ho spiegato ai sindaci dell’hinterland che se questo deve essere il sistema, dicessero allora ai loro concittadini, quando escono la mattina per venire a Napoli a lavorare, di portarsi un sacchetto dell’immondizia e di riportarselo indietro la sera. Pieno».
Quando si dice, sano realismo.

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