Erba - Una parete, un pavimento: sono questi i nuovi confini della follia e dell’odio che abbiamo scoperto all’improvviso, dopo un mese trascorso a cercare un perché nello schifoso pantano della strage della cascina gialla di via Diaz. Purtroppo sì, davvero lo spartiacque fra l’odio e la convivenza è così sottile. Davvero si può uccidere anzi sgozzare, sprangare e infierire su dei corpi straziati, spinti da un rancore maturato, giorno dopo giorno, sotto i panni che gocciolano. Davanti a un passeggino che intralcia il passo in cortile. Si possono passare giorni davanti alla tv a pianificare come liberarsi dei vicini troppo rumorosi. In ogni dettaglio: le armi, i doppi guanti da chirurgo per non lasciare tracce, il fuoco per finire il lavoro, l’acqua dei pompieri per stare tranquilli, l’alibi da staccare in un McDonald’s di Como, la faccia di bronzo davanti alla tv. Si può. A quanto pare si può.
«Quelli erano capaci di protestare anche se eri disteso a letto, a dormire. Erano strani, fin troppo strani con le loro manie». Azouz Marzouk, il giovane marito tunisino di Raffaella Castagna, padre di Youssef, forse fa finta di dimenticarsi di quel proverbio arabo che suona pressappoco così: «Quando hai bisogno davvero, i parenti sono sempre lontani. Fidati dei vicini di casa, ti aiuteranno loro».
E invece era da cinque anni che andava avanti così. Insulti, spintoni, sputi, calci. E poi ancora insulti calci, spintoni, sputi. E, per completare l’opera, di tanto in tanto, anche qualche pugno in faccia. È scritto nelle querele sporte reciprocamente dalle famiglie Castagna-Marzouk e Romano-Bazzi. Olindo e Rosa che si sentivano perseguitati. Che si chiudevano in casa rancorosi, covando propositi di vendetta. «Olindo, ci devono rispettare quelli là, dobbiamo farci rispettare» diceva Rosa la «mite» a suo marito. E intanto architettavano propositi di vendetta.
Pensate un po’ che onta: il meticoloso Olindo e sua moglie Rosa, la maniaca della pulizia, costretti a convivere con il viavai della famiglia del piano di sopra: canti, balli e musica a tutte le ore. A sentir la loro campana ovviamente. Un casino infernale e insopportabile anche se il saggio papà Castagna, pur di aiutare la figlia aveva persino fatto rifare, a sue spese, dagli operai del mobilificio, il pavimento dell’appartamento di via Diaz sistemando un’intercapedine isolante. Macché, inutile. Tutto inutile. «Quella lì, la vicina - racconta Claudio, uno degli amici di Raffaella - ha cominciato subito a rompere le scatole, ad asfissiarla con le sue paranoie. Così, quando andavamo a cena da Raffa lei ci supplicava di non trascinare le sedie, di parlare piano. Arrivava persino a chiederci di non ridere troppo altrimenti quella là arrivava. E ogni volta, immancabilmente la Bazzi citofonava per protestare o saliva per insultarla. Eravamo stupiti da quella situazione e noi amici lo ripetevamo a Raffa: “Vendi la casa, traslocate, andatevene da qui”».
«Certe notti - raccontava Rosa Bazzi ai cronisti in tempi non sospetti - facevano così tanto rumore che ci toccava andare a dormire nel camper. Perché l’Olindo si alza presto alla mattina e deve dormire, ha il diritto di dormire. E se glielo andavi a dire a Raffaella quella ti rispondeva male. Perché non aveva certo un carattere angelico».
Litigi, dunque. Che spesso degeneravano in un festival della volgarità verbale rappresentato sul ballatoio. Fino a quella baruffa la notte di San Silvestro del 2005. Sull’atto di citazione nei confronti di Rosa Angela Bazzi e Olindo Romano riferito a quell’episodio si legge testualmente che «con azioni di un medesimo disegno criminoso e in tempi diversi la Bazzi offendeva l’onore e il decoro personale di Raffaella Castagna rivolgendole la seguente espressione: “Va a fare in culo te e chi ti ha fatto troia. E, successivamente: troia avanzo di galera vergognati. Tu fai casino tutte le notti”». E ancora: «Olindo Romano e sua moglie in concorso tra loro buttavano a terra Raffaella Castagna e le cagionavano lesioni personali consistite in contusioni alla gamba destra e trauma cranico avvertendola che qualunque iniziativa avrebbe intrapreso si sarebbero vendicati nei suoi confronti...». Tradotto secondo le parole usate allora da Olindo: «Se ti azzardi a denunciarci te la faremo pagare». Ed ecco che il massacro di Erba prende corpo e alberga nelle facce per bene e rassicuranti dei vicini. Che non possono sopportare l’idea di pagare a Raffaella un risarcimento di cinquemila euro, come lei aveva chiesto, per ritirare la querela che si sarebbe dovuta discutere il 13 dicembre davanti al giudice di pace. I vicini del piano di sotto che sorridono e usano parole di pietà per «la triste morte di quell’angioletto di bambino biondo.
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