Della questione energetica in Italia ci si preoccupa, per dimenticarsene subito, passate le calure estive e le gelate invernali. Adesso però stiamo con la faccia contro il muro per un meccanismo di previsioni dell'offerta e della domanda e di aggiustamento della riserve strategiche che richiede assolutamente di essere cambiato sia perché irrazionale dal punto di vista istituzionale, sia perché affidato, in realtà, a condizioni che coinvolgono conflitti d'interesse.
Potremmo dire che siamo di fronte a una questione che, non a caso, la gente fatica molto a capire, ma che invece dal punto di vista della razionalità economica (e politica a cominciare da autorità indipendenti come infrastrutture per il mercato) diventa molto chiara, concreta e urgente.
Proprio la concretezza immediata della questione impone di affrontarla sul piano delle cose da fare, non in un domani indefinito. L'Italia importa metano dall'Algeria, dalla Libia e dalla Russia. Dalla Russia soltanto per un quinto circa del nostro fabbisogno. Eppure basta un calo di consegne del 3 per cento (fino a punte, però, del 13) per metterci in crisi.
Pare che, in questo periodo, le scorte siano ridotte da 8 a 15 miliardi di metri cubi (con una riserva strategica residua di 5 miliardi che potrebbe bastare - forse? - per 15 giorni). Ma in realtà non possiamo saperlo perché non siamo dentro il ministero delle Attività produttive (ex-Industria), l'autorità garante e soprattutto l'Eni. Di alcune cose però siamo purtroppo certi: per esempio che il gas manca veramente. Non altrettanto certi saremmo invece che la colpa sia davvero e tutta dei russi. In effetti, negli altri Paesi, prima fra tutti la Germania che dipende dal gas russo ancor più dell'Italia, non si odono allarmi paragonabili ai nostri. Non crediamo sia questione soltanto di stile, dal momento che da noi la crisi c'è effettivamente. È azzardato allora pensare come, oltre a impreviste riduzioni dell'offerta, in questa crisi giochino probabilmente anche errori passati nel prevedere la domanda e nel dimensionare quindi le riserve?
Come ha puntualmente ricordato Luigi Prosperetti (Sole 24 Ore di sabato) il precedente amministratore delegato dell'Eni ha sbagliato macroscopicamente almeno due volte le previsioni sulla domanda: circa un paio d'anni fa aveva ripetutamente dichiarato che in Italia ci sarebbe stato troppo gas, addirittura una «bolla del gas», e che dunque non sarebbe stato assolutamente necessario potenziare gasdotti né costruire rigassificatori. Il ministero, a sua volta, fissata la riserva strategica in poco più di 5 miliardi di metri cubi nel 2001, non l'ha più aumentata, nonostante il prevedibile enorme aumento della domanda di gas da parte di nuovi o riconvertiti impianti turbogas, che producono elettricità bruciando gas.
A questo punto, passata bene o male questa crisi, bisognerà chiarire le responsabilità e nello stesso tempo rendersi ben conto che la liberalizzazione del mercato del gas non è stato un errore. Tutt'altro. Soltanto che richiede tempi, strumenti adeguati e la disponibilità di un'unica struttura indipendente alla quale affidare la responsabilità del trasporto e dello stoccaggio del gas (oggi sono due: Snam e Stogit). Ci vuole un operatore che abbia l'interesse razionale di aumentare la capacità, senza dover quotidianamente gestire un conflitto d'interesse pericoloso ed ambiguo fra due anime: quella sua imprenditoriale alla crescita (e quindi alla «mission» di costruire gasdotti e depositi) e quella invece del suo azionista di far crescere i prezzi contenendo l'offerta.
Bisognerà naturalmente proteggere questo operatore dal rischio che ne acquisiscano il controllo aziende di Paesi che ci forniscono gas: che era poi la ragione per cui questa funzione era stata lasciata all'Eni, oramai evidentemente non più possibile perché irrazionale. Ma proprio perché si tratta di una questione di razionalità verrebbe da chiedersi se essa è «tecnica» o «politica». Non avremmo il minimo dubbio: politica, politica al quadrato! Naturalmente nel senso più moderno, concreto e liberale del termine, contro dogmi, feticci e demagogie varie. Bastava leggere ieri sul Giornale l'articolo di Franco Battaglia («Quelle menzogne sulla centrale Enel di Civitavecchia», che infatti il governatore del Lazio, Marrazzo, non vuol riaprire per ragioni demagogiche.
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