Gaza, l'intesa conviene a tutti (ma ci guadagna Hamas)

Poteva essere siglata mesi fa risparmiando vite. Jihadisti decimati e senza leader ma non battuti

Gaza, l'intesa conviene a tutti (ma ci guadagna Hamas)
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L' accordo sul cessate il fuoco e sullo scambio di ostaggi tra Hamas e Israele è quasi realtà. Ma c'è poco da esultare. La stessa intesa poteva venire firmata mesi fa risparmiando le vite di migliaia di civili palestinesi, di almeno un centinaio di soldati israeliani e di molti ostaggi. Ma allora non conveniva a nessuno. Oggi invece conviene a tutti.

Prima di tutto al premier israeliano Benjamin Netanyahu che accettando un accordo molto simile a quelli rifiutati in precedenza punta a conquistare la benevolenza e l'appoggio di Donald Trump. E a riconquistare la fiducia dei tanti israeliani che lo accusano di aver sacrificato la vita degli ostaggi per garantire la propria sopravvivenza politica. Il presidente statunitense entrante - pur essendosi limitato fin qui a minacciare di «scatenare l'inferno» - può vantarsi di aver costretto Hamas e Israele a scender a patti. E di averlo fatto ancor prima di assumere i pieni poteri. Ma l'accordo regala un contentino anche a Joe Biden e all'amministrazione uscente. Dopo le ripetute umiliazioni subite da Netanyahu, Biden e i suoi possono finalmente atteggiarsi ad artefici del cessate il fuoco e della liberazione degli ostaggi.

A guadagnarci più di tutti rischia però di essere Hamas, ovvero il principale responsabile dei massacri del 7 ottobre e dei 15 mesi di guerra successivi. La formazione pur uscendo dal conflitto decimata e senza più una leadership politico-militare può vantarsi di aver tenuto testa all'esercito che nel frattempo ha messo alle corde Hezbollah e l'Iran. E di averlo fatto combattendo su un ring di appena 40 chilometri per dieci. Una capacità di resistenza che diventa - nonostante Netanyahu continui a prometterne la totale distruzione - garanzia di sopravvivenza politica e militare. Anche perché, a fronte dei 33 ostaggi pronti a ritornare in Israele, Hamas potrà vantare la liberazione di migliaia di prigionieri. Un'autentica e preziosa dote su cui Hamas punta per delegittimare ulteriormente un'Autorità Palestinese costretta in Cisgiordania a misurarsi con una situazione ormai assai prossima alla guerra civile. Da settimane ormai a Nablus, Jenin e altri centri dei «Territori» i gruppi armati scissionisti e filo Hamas accusano di collaborazionismo e tradimento i propri capi e attaccano le forze di sicurezza fedeli ai vertici dell'Anp. In assenza di un'autentica e legittimata autorità Hamas minaccia dunque di restare l'unica forza politica e militare in grado di governare quanto resta dei territori palestinesi.

A questa situazione, già sconsolante, s'aggiunge la totale assenza di un'intesa politica sul futuro di Gaza e dell'entità palestinese. La bozza di accordo infatti prevede ben poco aldilà di alcune modeste rettifiche alle posizioni israeliane nel Corridoio di Netzarim, sulla Philadephia Route e lungo i confini con Israele.

A 76 anni dall'inizio della questione palestinese l'ennesimo conflitto minaccia insomma di chiudersi - una volta di più - senza un accordo politico definito. Trasformando anche questa tregua nel semplice e transitorio interludio tra vecchio e nuovo conflitto.

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