Dietro il processo alla dark lady la faida per chi comanda in Cina

Gu Kailai sarà condannata per l’avvelenamento di un uomo d’affari inglese. Ma l’obiettivo è far fuori il marito, leader neo maoista, prima del congresso del Pcc

Dietro il processo alla dark lady la faida per chi comanda in Cina

Lei non batte ciglio, non solleva mezzo sguardo, non spreca una lacrima. Assiste in silenzio a quel processo dove in fondo, non si decide nulla. La vera corte, quella chiamata alla fine a decretare la sua morte o la sua sopravvivenza non è in quella modesta aula di Hefei. I suoi veri giudici, la signora Gu Kailai lo sa bene, son riuniti in quelle stesse ore a Beidahie, una città in riva al mare 1200 chilometri più a nord. Ai tempi di Mao era la residenza estiva dei mandarini rossi. È tornata di moda in questa torrida estate. Mentre nel tribunale di Hefei Gu Kailai, la Lucrezia Borgia rossa, ascolta il procuratore che l'accusa di aver avvelenato l'ex socio d'affari inglese Neil Heywood, a Beidahie la suprema nomenklatura cinese, con in testa l'erede designato alla presidenza Xi Jinping, studia il puzzle destinato a prender forma dopo il Congresso d'autunno. Sarà il 18°, ma potrebbe diventare il primo di una nuova era. L'unico imprevisto, l'unico ingranaggio fuori controllo, capace di far deragliare l'oliata macchina dell'evoluzione capital-comunista, era Bo Xilai. È il marito di quella signora accusata di omicidio ed era anche uno degli astri nascenti del comunismo cinese. Ora è pure lui in galera. Accusato di aver tramato contro i vertici del partito, di aver diretto gli affari di famiglia e di aver coperto l'odioso delitto commesso da sua moglie.
«È stata la signora Gu Kailai a dare appuntamento ad Heywood nella stanza 1605 del Nanshan Lijing Holiday Hotel di Chongqing» - scandisce il procuratore di Hefei. «È stata lei la sera dello scorso 13 novembre ad ubriacarlo e a fargli ingurgitare quell'ampolla di veleno mentre il suo complice gli teneva aperta la bocca». Il complice Zhang Xiaojun, 33enne spicciafaccende di famiglia, ascolta inebetito. È anche lui alla sbarra nell'aula di Hefei, ma è solo una pedina, uno sacrificabile. Gu Kailai non lo è di certo. È la figlia di uno dei grandi vecchi del regime. Come del resto quel suo marito figlio di Bo Yibo, uno dei fondatori del comunismo cinese. Spedirli al patibolo non è roba da giudici, ma questione di stato. Una questione da dirimere tra le fresche brezze di Beidahie, una grana da chiudere prima del Congresso. Non a caso il tribunale di Hefei decide in poche ore la colpevolezza della signora Gu, ma le riconosce un'attenuante capace di garantirle la sospensione dell'esecuzione. Gu avrebbe agito per difendere il figlio Bo Guagua minacciato, secondo la difesa, da quell'uomo d'affari inglese che dopo averlo fatto entrare nell'esclusivo college di Harvard lo usava per ricattare la sua famiglia e costringerla a versargli bustarelle sempre salate.
Sarà vero? Nessuno lo saprà mai. Di certo il 63enne Bo Xilai era a un passo dall'Olimpo. Dopo esser stato ministro del Commercio, dopo aver guidato la Provincia di Chongqing, attendeva il Congresso del prossimo autunno per dare la scalata al Comitato centrale permanente e diventare uno dei nove potenti da cui dipendono le scelte del partito e le vite di un miliardo e 300 milioni di cinesi. Un posto troppo delicato per venir lasciato ad un portabandiera del neo maoismo, ad un uomo simbolo di una vecchia guardia decisa a riprendere il controllo del partito. Anche perché Bo Xilai, come avevano già intuito i fedelissimi del presidente Hu Jintao, era un uomo ambizioso ed estremamente pericoloso. A Chongqing non è certo andato per il sottile. Per far piazza pulita dei vecchi capi di partito, provare i loro legami con i capi mafia locali e trasformare la provincia nel proprio regno, ha usato arresti illegali e torture a tutto spiano sollevando perplessità persino all'interno di nomenklatura poco incline alle debolezze di cuore. A salvarlo sono state le sue doti di grande trascinatore. Mentre riempiva le galere si guadagnava il consenso popolare rispolverando i vecchi inni maoisti, promettendo la fine dei privilegi per i nuovi ricchi, spedendo milioni di sms con citazioni del libretto rosso di Mao. Ma il tallone d'Achille di quel portabandiera della riscossa neo maoista è Gu Kailai. Lavorando nel suo cono d'ombra, la spregiudicata moglie avvocato si è trasformata nell'eminenza grigia di un autentico impero economico fatto di mazzette, corruzione e ambigui affari con l'estero. Un impero costruito usando come testa di legno e socio d'affari proprio Neil Heywood, quel 41enne decaduto nobiluomo inglese abituato a dividersi tra servizi segreti e affari miliardari. A dar retta alle accuse tutto finisce quando Neil pretende una commissione troppo esosa per far uscire dalla Cina una grossa somma di denaro e l'infuriata Gu lo ricambia con una dose di pernicioso veleno, mentre Bo Xilai usa tutto il suo potere per coprire quell'inconfessabile assassinio.

Insomma una tragedia orribile per l'immagine del partito, ma indispensabile per toglier di mezzo alla vigilia del Congresso quell'ingombrante e pericoloso cane sciolto. Una tragedia il cui finale non verrà scritto dai grigi giudici di Hefei, ma dai mandarini rossi riuniti tra le fresche brezze marine di Beidahie.

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