Il dibattito tra i due rivali Nicolas Sarkozy e François Hollande è l'evento più atteso dopo il primo turno delle elezioni presidenziali. Eppure, spiega Christian Delporte, storico della comunicazione politica e autore del libro "Grand Débats politiques", mai nella storia della Francia un dibattito televisivo ha cambiato le sorti delle elezioni.
Dal 1981, dal secondo dibattito in cui Valéry Giscard d'Estaing, presidente uscente, ha sfidato François Mitterrand, ci sono regole precise nei dibattiti per le presidenziali, quali sono?
"All'immagine lavora un regista televisivo assistito da due registi scelti rispettivamente dai due candidati. Sono regole che datano dal 1981 quando la squadra di Mitterrand ha imposto 21 condizioni. Ora ce ne sono un po' meno ma le più importanti restano. Si è cercato di neutralizzare l'immagine per fare in modo che il dibattito fosse il meno dinamico possibile. Non esistono cambi di scena veloci: si vede chi ha la parola, ma non il candidato in silenzio, per nascondere le sue reazioni. Le due squadre negoziano tutto: la scelta dei due giornalisti moderatori, la grandezza e la forma del tavolo, lo scenario, la temperatura dello studio".
La temperatura?
"E' una novità, introdotta nel 2007: Nicolas Sarkozy suda molto e voleva una temperatura di 19 gradi, Ségolène Royal di 21. Hanno trovato un compromesso a 20 gradi".
C'è mai stato un dibattito in Francia che ha cambiato le sorti della presidenziale?
"Mai".
Perché?
"Perché la data è troppo tarda. A pochi giorni dall'elezione l'elettorato è cristallizzato. Inoltre, i candidati sono sempre buoni oratori, non c'è mai un vincitore evidente".
Nella storia dei dibattiti, quali sono quelli che sono rimasti impressi nella ricordi dei francesi?
"Il primo, quello del 1974: era il primo e la leggenda vuole che Giscard abbia vinto l'elezione grazie al quel dibattito. Non è vero. E' rimasto anche quello del 1981, perché era la rinvincita, passata attraverso piccole frasi. Nel 1974 Giscard aveva detto a Mitterrand: "Siete l'uomo del passato", nel 1981 Mitterrand lo ha definito "l'uomo del passivo". Si ricorda anche quello del 1988, una specie di regolamento di conti tra il presidente Mitterrand il suo primo ministro, che non aveva scelto, Jacques Chirac. C'era una tensione molto forte".
E' vero che nel 2007 la squadra di Sarkozy aveva consigliato al presidente di non attaccare frontalmente Ségolène Royal perché era una donna e lui doveva comportarsi da cavaliere?
"Sì, doveva evitare di ferire e doveva mantenere la calma. Lui aveva giocato sulla sua voce, una voce molto bassa, per mostrare la sua serenità".
Quali sono le forze e le debolezze dei due candidati oggi?
"I punti forti di Sarkozy sono la combattività, che però ha anche un rovescio pericoloso: l'aggressività. Hollande è più liscio, è difficile da afferrare. Una sua qualità è l'umorismo. Che cosa ci si ricorda alla fine di un dibattito? Una piccola frase, un breve scambio, la battuta, certo non le cifre economiche".
Quali sono le maggiori differenze tra i dibattiti in Francia e quelli negli Stati Uniti?
"In America i candidati sono fianco a fianco, non si affrontano direttamente e il giornalista resta sempre mediatore. In Francia è un vero faccia a faccia. Mitterrand diceva: "E' un vero corpo a corpo". E' molto più sportivo, la metafora del match di box vale di pù in Francia che negli Stati Uniti".
Ma negli Stati Uniti i dibattiti cambiano una presidenziale...
"Hanno più influenza perché avvengono molto prima. L'elezione è a inizo novembre, il primo dibattito a fine settembre E ci sono tre dibattiti, in Francia uno solo, quando la partita è chiusa. C'è però più drammaturgia".
E' dunque una specie di esercizio mediatico?
"E' uno spettacolo, più un evento mediatico che un evento politico".
Sarkozy crede molto
"Dubito. E' vero che Sarkozy è forte in televisione, ma avrebbe torto di sottovalutare Hollande, un bravo oratore che conosce la televisione".
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