AteneUna guerra nella guerra, dove la parola default, anche se non è mai pronunciata da tecnici ed euroburocrati, ormai è parte integrante della vita dei greci. Nella settimana in cui il Financial Times torna a parlare di «Grexit», ovvero dell'uscita di Atene dalla moneta unica, ecco le immagini choccanti della prime favelas sorte nel Paese, con famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà e scelgono di abbandonare condomini e residence. Sempre di più sono i cittadini che non hanno la possibilità di pagare né l'affitto di un piccolo appartamento o il mutuo della propria abitazione, per questo hanno deciso di lasciare le loro case e ora vivono in roulotte o tende da campeggio in un'apposita area attrezzata nella regione dell'Attica. Il costo? 1600 euro annui. E passa la paura della crisi. L'idea è venuta ad un piccolo imprenditore che ha pensato di attrezzare un'area fino a prima adibita a parcheggio, per ospitare caravan e roulotte dei nuovi figli dell'eurocrisi. Tra di loro, ex imprenditori, funzionari pubblici, dipendenti privati, giovani che non trovano un posto di lavoro: tutte le fasce sociali, equamente rappresentate, in questo spaccato di default.
Ci sono Nikos e Makis, con i loro quattro figli, che alcuni anni fa hanno acceso un mutuo per la loro abitazione e, in seguito al dimezzamento dei loro salari, non riescono a far fronte alle spese mensili e per questo hanno aderito subito alla «favelas greca». Lei cassiera in un supermarket, lui operaio: oggi la priorità del loro «portafogli» è garantire il benessere alimentare dei propri figli. Identiche difficoltà per Iorgos, che è passato in sei mesi da fare il rappresentante nell'esclusivo quartiere ateniese di Kifissia alla roulotte numero 7, con nel mezzo la cassa integrazione e il divorzio da sua moglie. Se prima l'affitto del suo bilocale gli costava quattrocentocinquanta euro al mese, oggi con i centosessanta della «favelas» risparmierà non poco rispetto alle sue uscite del 2012.
Già, il 2012, un anno maledetto, l'anno del più grande calo del reddito subito da lavoratori dipendenti e pensionati, sceso a 65 miliardi con una media di 13mila euro a testa, contro i 18mila del 2011. I tagli salariali imposti dai tre memorandum della troika hanno portato 361.042 contribuenti a dichiarare redditi tra 5.000 e 6.000 euro. Mentre il reddito da 4.000 a 5.000 euro ha riguardato ben 307.896 contribuenti. Ma dove sono finiti i denari degli europrestiti che la troika ha promesso ad Atene? Dei 250 miliardi fino ad oggi arrivati in soccorso della Grecia, di ufficiale c'è il dato della prima tranche erogata nel 2011, quando dei 130 miliardi giunti nel Paese il 40% andò ad istituzioni finanziarie straniere, il 18% alla Banca centrale europea, il 23% alle banche del Paese e solo il 19% alle reali esigenze della pubblica amministrazione. Numeri da cui non è difficile trarre le dovute conclusioni.
Ma non è tutto, perché sul calendario greco, (ma a questo punto anche europeo), c'è un mese intero segnato in rosso: è il prossimo settembre, quando si svolgeranno le elezioni in Germania e sempre di più sono i commentatori che sostengono come, in caso di una sconfitta della cancelliera Angela Merkel, molte sarebbero le misure da ridiscutere nel'Egeo, memorandum in testa. Per questo le due opposizioni al governo Samaras delle «larghe intese con la troika», la sinistra del Syriza e la destra dei Greci Indipendenti, hanno iniziato a parlarsi: con all'orizzonte venti di collaborazione.
E domani 24 ore di sciopero generale nel comparto sanità, con interessati ospedali pubblici, centri sanitari, servizi di ambulanza e strutture di assistenza: protestano contro la mobilità annunciata di duemila cinquecento lavoratori nel settore, con il rischio chiusura per quattro nosocomi solo nella capitale e lo smantellamento del servizio sanitario nazionale.
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