L'incontro a Washington tra il premier inglese David Cameron e il presidente Barack Obama è l'occasione per tornare a parlare della "linea rossa" che gli Stati Uniti hanno tracciato sul futuro della Siria.
L'Inghilterra ha portato alla Casa Bianca la preoccupazione di prove "gravi" che "il governo siriano ha usato armi chimiche", su cui discutere. Gli Stati Uniti hanno risposto, ribadendo che continuano le indagini e che dai risultati di queste "dipendono i nostri prossimi passi".
In sostanza, si prende tempo. Obama non può rimangiarsi il momento in cui ha annunciato al mondo che l'utilizzo di armi chimiche da parte della Siria avrebbe segnato il superamento di un confine da non valicare. Ma la frase, dal sapore così definitivo, ha assunto nel corso del tempo un significato sempre più blando. Un retroscena pubblicato dal New York Times ha raccontato di parole pronunciate un po' "a braccio", fuori dal discorso preparato dagli speechwriter del presidente.
Cameron e Obama hanno trovato un punto d'incontro sulla necessità di "aumentare la pressione" e arrivare alla deposizione del regime di Assad. La direzione da seguire per i due leader è quella di un governo di transizione, che metta in una posizione dominante la componente moderata dell'opposizione, lasciando in secondo piano islamisti e fazioni ribelle oltranziste.
Cameron ha raccontato di colloqui positivi a Mosca, dove con Putin ha concordato la necessità di arrivare ad avere stabilità in Siria e nei paesi vicini. Obama ha messo in chiaro i contrasti affatto ignoti con la Russia, con cui ha comunque deciso la convocazione di una "conferenza internazionale" entro un paio di mesi.
538em;">Per quanto riguarda le armi chimiche, non molto è cambiato. Le accuse ci sono, mosse dai ribelli e da Damasco. A mancare sono certezze definitive e la condivisione di un piano-Siria a livello internazionale.
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