Una svolta epocale. Un traguardo di civiltà. Da oggi in Marocco per gli stupratori non sarà più possibile evitare la prigione sposando la propria vittima, come finora consentiva l'articolo 475 del codice penale. Niente più scappatoie dunque per chi chi, come finora è accaduto, abusava di una donna, spesso ancora bambina, e poi «espiava» l'orrore con un matrimonio. Niente più incubi per chi invece sopravviveva alla violenza e doveva così subire una seconda violenza.
Dopo un lungo lavoro svolto dalle organizzazioni delle donne e per i diritti umani come Amnesty Internationa e da alcuni partiti politici, il parlamento marocchino ha votato all'unanimità l'emendamento che cancella la possibilità di ricorrere a nozze riparatrici dopo lo stupro. E ha onorato così la memoria di Amina el Falili, la sedicenne che il 10 marzo del 2012 con il suicidio lanciò il suo disperato no all'imposizione delle nozze con il suo aguzzino e tracciò per prima la rotta che ha condotto il Marocco compiere una scelta auspicata da tempo.
Amnesty International ha accolto con favore la decisione di Rabat ribadendo tuttavia - per bocca del suo vice direttore per il Medio Oriente e il Nord Africa, Hassiba Sahraoui - che il paese «ha ancora bisogno di una strategia globale per proteggere le donne dalla violenza». La ministra della Famiglia, Bassima Hakkaoui, nel 2012 aveva reso noto che 6 milioni di donne (su 34 milioni di abitanti) erano state vittime di violenza e oltre la metà in seno alla famiglia.
Il codice di famiglia (moudawana), varato 10 anni fa, sembra già invecchiato e secondo le attiviste marocchine i prossimi passi saranno proprio quelli che chiederanno di rivedere le norme sulla poligamia e sulla violenza sui minori e i matrimoni imposti sotto i 18 anni di età, ancora consentiti perchè i giudici chiudono un occhio.
Ora la battaglia, ricorda Fatima Maghnaoui, responsabile di una Ong che tutela le vittime della violenza, si sposta sulla richiesta di «una revisione complessiva del codice penale sulle donne».
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