Capo di una unità vicina alla componente maghrebina di al-Qaeda, mente dell'assalto all'impianto petrolifero algerino di In Amenas, l'emiro Belmoctar è tornato a fare parlare di sé.
L'imprendibile terrorista era stato dato per morto a inizio marzo, quando un ufficiale del Ciad impegnato in Mali accanto alla Francia ne aveva assicurato il decesso. Una notizia che oggi si conferma falsa, come le precedenti "morti" dell'emiro, dato per spacciato negli anni almeno tre volte.
Che il terrorista, leader del "Battaglione di sangue" non fosse affatto morto è stato chiarito oggi, quando ha rivendicato gli attacchi kamikaze contro una miniera un campo d'addestramento in Niger, annunciando "ulteriori operazioni" nello stesso paese. Rilevante che il cantiere per il trattamento dell'uranio preso di mira sia gestito dalla francese Areva: una "rivalsa" contro la cacciata degli islamisti dal Mali, dovuta al dispiegamento delle forze di Parigi nella missione Serval.
Nel corso dei due attacchi portati a termine da Belmoctar sarebbero morte una ventina di persone. Molti di loro sono soldati del Niger. Il gruppo ha annunciato di avere agito insieme al Movimento per l'unificazione e il jihad nell'Africa Occidentale (Mujao), una delle formazioni che avevano occupato il nord del Mali, cacciando le forze governative. il Mujao ha rivendicato anche due attacchi vicino alla frontiera con il Mali, che hanno portato alla morte di 18 persone.
Secondo France24 in Niger sarebbero intervenute forze speciali francesi.
La ricomparsa di Belmokhtar - fa notare un'analisi del Corriere -
538em;">dà forza a una teoria emersa nelle scorse settimane, quando diversi studiosi dell'area avevano lanciato un serio allarme: la cacciata degli islamisti dal nord del Mali non avrebbe avuto altro effetto che spostare altrove il problema degli estremisti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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