Alle 21 di oggi - ora italiana - l'Onu si riunirà per decidere sulla questione palestinese. Sul tavolo la richiesta di riconoscimento dello statuto di Stato osservatore non membro. Un passo in avanti che all'Autorità nazionale palestinese conferirebbe un nuovo status giuridico, rispetto a quello attuale, che riconosce la Palestina semplicemente come Ente.
Emblematicamente il voto delle Nazioni Unite si tiene nel Giorno internazionale della Solidarietà con il popolo palestinese. E divide profondamente gli stati membri. Da una parte un'Unione Europea che non fa fronte comune. Astensione per la Germania, che ieri aveva annunciato il voto contro. Assenso per altri Stati europei, Francia e Spagna in testa.
L'Italia, secondo fonti del governo sentite dall'Ansa, poi confermate da una nota di Palazzo Chigi, voterà sì. La decisione, arrivata nel pomeriggio, ha causato la risposta piccata dell'ambasciata israeliana a Roma, che ha sottolineato di essere delusa dalla decisione dell'Italia - uno dei migliori amici di Israele".
Il no di Washington: "Si trovi una soluzione a Gerusalemme"
Il no più netto a un riconoscimento della Palestina arriva da Tel Aviv e Washington. Dopo un incontro nella giornata di ieri tra il vicesegretario di Stato americano, William Burns e il presidente dell'Autorità, Mahmoud Abbas, oggi il segretario Hillary Clinton ha ribadito che "una soluzione del problema dei due stati" non potrà passare da New York, ma piuttosto dovrà coinvolgere "Gerusalemme e Ramallah". Durante la recente missione in Israele, conclusasi con la tregua sponsorizzata dall'Egitto di Mohammed Morsi, gli Stati Uniti avevano chiesto all'Anp di rimandare il voto all'Onu, che arriva a pochi giorni dalla conclusione dell'offensiva Pillar of Defense.
A differenza di quanto accaduto lo scorso anno, quando la richiesta palestinese era stata portata davanti al Consiglio di Sicurezza, all'Assemblea gli Stati Uniti non potranno far valere il diritto di veto.
Come la vede Israele? L'ex premier Olmert a favore del sì
Mark Regev, portavoce del governo israeliano, ha sottolineato che la richiesta palestinese "viola lo spirito e le parole dell'accordo firmato per risolvere la questione attraverso i negoziati". Il riferimento è agli Accordi di Oslo. L'Autorità palestinese aveva però chiesto - come condizione per una ripresa del dialogo - il congelamento degli insediamenti di Israele.
Per un riconoscimento si è espresso l'ex premier israeliano, Ehud Olmert. L'ex primo ministro, in una lettera allo scrittore Bernard Avisahi, pubblicata dal Daily Beast, definisce la richiesta "coerente con il concetto di base della soluzione a due Stati". E aggiunge: "È il momento di dare una mano e incoraggiare le forze moderate palestinesi".
L'attuale premier, Benjamin Netanyahu, ha voluto specificare che anche se dall'Assemblea arrivasse un sì "non cambierà alcunché sul terreno". E soprattutto una decisione favorevole "non avvicinerà la costituzione di uno Stato palestinese, ma anzi la allontanerà".
Per ottenere un nuovo status, la Palestina avrebbe bisogno di 97 voti.
Può contare attualmente sul sotegno di 132 Stati (in totale sono 193) che hanno già riconosciuto l'Autorità Palestinese. Il timore di Israele è che un riconoscimento della Palestina posso essere preliminare a una denuncia di Israele davanti alla Corte Penale Internazionale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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