Rebekah "la spietata" in lacrime al processo

Alla sbarra per le intercettazioni dei tabloid di Murdoch. L'ex direttrice di "News of the World" ammette: periodi di intimità col mio vice

Rebekah "la spietata" in lacrime al processo

La sentenza non è ancora arrivata ma la legge del contrappasso colpisce in queste ore la regina del «gossip» Rebekah Brooks gettandola in un inferno emotivo con lo stesso sadismo con cui lei ha colpito vip e comuni cittadini con i suoi scoop senza scrupoli. L'ex direttrice del Sun e del News of the World è finita in lacrime ieri quando ha testimoniato per il secondo giorno davanti alla giuria del Tribunale penale di Old Bailey dove è alla sbarra per intercettazioni telefoniche illegali, corruzione e ostacolo al corso della giustizia, tutte accuse che continua a negare.

Dopo aver pubblicato le cartelle cliniche del figlio malato dell'ex premier Gordon Brown, dopo aver ascoltato -grazie al telefono che lei stessa le aveva regalato- le chiamate di una madre disperata dopo la morte della figlia Sarah Payne per mano di un pedofilo, dopo aver sbattuto in prima pagina amori segreti, miserie e viltà di ogni star del pianeta, la «pupilla» di Rupert Murdoch crolla in udienza quando tocca a lei riferire i dettagli della sua vita privata: la storia d'amore clandestina con il suo vice e poi portavoce del governo di David Cameron, Andy Coulson, mentre era sposata con l'attore Ross Kemp, i suoi problemi di fertilità, l'impossibilità di avere figli che ha portato alla rottura del primo matrimonio e al ricorso di una madre surrogata, la cugina, per poter avere una figlia dal nuovo marito, l'addestratore di cavalli Charlie Brooks, a processo anche lui.

È un'altra Rebekah quella che si è vista ieri a Londra. Capelli tirati, occhiaie evidenti, un sorriso appena accennato offerto ai fotografi fuori dal tribunale ma uno sguardo perso dietro ai guai giudiziari che potrebbero costarle il carcere. «Adesso tutti sanno che la mia vita privata è stata un macello per molti anni», dice in aula dopo aver dovuto precisare quali fossero i suoi rapporti col suo vice Coulson, definito «miglior amico» con cui condivideva tuttavia «periodi di intimità». Una lettera trovata nell'appartamento di lei a Chelsea e finita agli atti - «confido in te, cerco i tuoi consigli, ti amo» scriveva «la rossa» a Coulson - è considerata la dimostrazione di una relazione clandestina tra i due, durata sei anni tra il 1998 e il 2004, e la prova che fra loro non ci fossero segreti e che dunque l'accusa di «cospirazione» per intercettare le comunicazioni telefoniche sta in piedi. Rebekah si difende sostenendo che, nonostante «l'intimità» quella con Coulson non può definirsi una relazione.

Ma è quando è costretta a raccontare del rapporto con i suoi due mariti e dei problemi con le gravidanze che Rebekah «la spietata» esita, chiede un fazzoletto e infine una pausa al processo. Quella stessa pausa che non ha mai concesso alle «vittime» dei suoi tabloid.

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