Sarebbero oltre venti gli osservatori delle Nazioni Unite rapite da forze ribelli attive in Siria vicino alle alture del Golan, la zona smilitarizzata che divide il territorio di Damasco da quello di Israele. A comunicare la notizia del rapimento le stesse forze d'opposizione, che rivendicano l'azione in un video, nel quale si identificano come brigata dei "martiri di Yarmouk", probabilmente in riferimento al distretto damasceno popolato dai palestinesi.
I rapitori spiegano che i venti o più osservatori - nell'area è attiva la missione Undof a partire dagli accordi del 1974 - saranno tenuti in ostaggio finché le forze di Assad non si siano ritirate dal villagio di Jamla, a circa un chilometro e mezzo dalle alture.
Nelle mani dei ribelli ci sarebbero almeno due blindati e un camion con la sigla delle Nazioni Unite su una fiancata. Le immagini mostrano almeno cinque persone con i caschetti celesti dell'Onu. Gli ostaggi sarebbero tutti di nazionalità filippina.
Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha condannato il sequestro, chiedendo il rilascio immediato degli uomini. La situazione tuttavia non è chiara. I ribelli - contattati da Rami Abdel Rahman, dell’Osservatorio siriano per i Diritti umani - hanno assicurato che, pur trattenendo i prigionieri, non intendono far loro del male.
In un secondo momento hanno poi cambiato la loro versione dei fatti. I caschi blu - si legge in una dichiarazione dei membri della brigata, citata dal Washington Post - non sarebbero stati rapiti, ma piuttosto salvati dai combattimenti in corso nell'area, in attesa di una missione di recupero delle Nazioni Unite. Hanno anche sottolineato di non avere nulla a che fare con le dichiarazioni fatte in precedenza.
538em;">La brigata Yarmouk, responsabile del rapimento, è controllata da vicino da Human Rights Watch, che tenta di capire se i ribelli che ne fanno parte siano stati coinvolti nell'esecuzione di alcuni prigionieri appartenenti all'esercito lealista. L'episodio si è verificato alcuni giorni fa vicino a Jamla, il villaggio di cui si parla nel video che rivendica il sequestro.
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