Ma si tratta di spionaggio, pratica non commendevole ma assolutamente lecita se rivolta contro un autentico o potenziale nemico, o di «monitoraggio»: ovvero, per dirla ancor più sofisticamente, come fanno ora gli specialisti del buco della serratura, di «analisi grezza di megaflussi di comunicazione»? Perché può anche essere che si sia trattato di «megaflussi», come si augurano anche a Berlino. Ma la sensazione che si stia trattando piuttosto di una mega arrampicata sugli specchi (monitorare i megaflussi della Merkel?) resta. Così come resta lo sgradevole sospetto, da parte di alleati politicamente corretti (la Francia, la Germania, l'Italia, ora pure la Spagna, che può «vantare» oltre 60 milioni di telefonate intercettate); resta il sospetto, si diceva, di essere stati trattati dal Grande Fratello americano alla stregua di simpatici margniffoni di cui, come si dice, fidarsi è bene...
Ieri, dopo la promessa del presidente Obama di rivedere le procedure sulla raccolta di informazioni della Nsa, una portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale ha provato a confezionare un pannicello caldo sferruzzando autentica lana caprina («trovare un punto di equilibrio tra i problemi della sicurezza e le preoccupazioni sulla privacy condivise da tutti»). Ma la sensazione è che il Datagate stia facendo parecchi danni sul fronte delle relazioni internazionali, come conferma il portavoce della Casa Bianca Jay Carney quando afferma che «le relazioni dei nostri alleati sono motivo di preoccupazione». L'ira degli alleati è emersa ieri anche nelle dichiarazioni del ministro dell'Interno Angelino Alfano: «Una sicurezza che violi costantemente la riservatezza è l'anticamera del nuovo totalitarismo». Forse ancora più drastico è stato il vicepresidente del Senato, Gasparri, che nel suo intervento tutto di petto ha ricordato il Craxi di Sigonella. «Perchè se si tratta di combattere terrorismo e fondamentalismo internazionale- ha detto- nessuno potrà obiettare alcunchè. Ma se con questa scusa si sono realizzate indebite interferenze in tutto il mondo, l'amministrazione americana e chi la guida dovrà risponderne. Lo scandalo Watergate rispetto a quanto si sta profilando apparirà un'autentica banalità. Niente sconti, quindi. Verità, trasparenza, discussione nel Parlamento e nel Paese».
E poliziotti con cani al guinzaglio, nel frattempo, a frugare fin nei tombini e nei cassonetti intorno all'ambasciata americana, per far capire a Washington (anche se in Questura parlano di ispezioni di routine «randomizzate», e lo dicono in americano, si noti) che l'antifona è cambiata anche nella città eterna, non solo a Parigi e a Berlino, dove il Bundestag si riunirà il 18 novembre in seduta straordinaria per discutere del caso. Il sito Cryptome, considerato una sorta di antenato di Wikileaks, sostiene che in Italia la Nsa abbia spiato 46 milioni di telefonate tra il 10 dicembre 2012 e l'8 gennaio 2013. Più precisamente: 46 milioni di «metadati» telefonici (numero di telefono chiamato, identità del ricevente e del chiamante, durata della telefonata, per un totale di un milione e mezzo di chiamate al giorno). I nostri servizi di sicurezza tuttavia «non hanno evidenze».
E anche qui siamo al distinguo tra spionaggio e monitoraggio, senza che si riesca a capire chi ha spiato chi, quando, per quanto tempo e perché. Peggio di noi, se i numeri vi fanno impressione, sono messi gli spagnoli, ai quali la Nsa, tra il dicembre del 2012 e l'8 gennaio 2013, ha spiato 60 milioni di chiamate. Un delitto che in Spagna ha carattere penale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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