Il letto di Hollande non si tocca. Alla Francia piace la censura

Coro unanime a difesa della privacy del capo dell'Eliseo. La stampa contro al rivista "Closer": una deriva inedita

Il magazine Closer parla della presunta relazione di Hollande con l'attrice Julie Gayet
Il magazine Closer parla della presunta relazione di Hollande con l'attrice Julie Gayet

La quiete dopo la tempesta. Mentre Internet e i social network ribollono per lo scoop sulla presunta relazione tra François Hollande, 59 anni, e l'attrice Julie Gayet, 41 - con gli impertinenti del web che ironizzano: «Ségolène, Valérie, Julie. Di questo passo la prossima è Angelina Jolie» - tutto tace in zona Eliseo e dintorni. Il presidente approfitta del week-end per studiare una strategia che gli consenta di dribblare le domande sullo scandalo alla conferenza stampa di martedì, che nelle intenzioni del capo dello Stato francese dovrebbe segnare il suo rilancio politico. Nessuna traccia nemmeno di Valérie Trierweiler, la compagna ufficiale del capo dello Stato, la cui ultima apparizione al fianco di Hollande risale a martedì scorso. Non pervenuta nemmeno Julie, per molti ormai solo la maîtresse, l'amante, che pure venerdì tramite il suo avvocato è riuscita a far rimuovere le immagini dello scandalo dal sito del magazine. All'indomani del Gayet-gate - com'è stata ormai ribattezzata la presunta storia clandestina insinuata dalle foto del settimanale Closer, che immortalano il presidente casco in testa, dopo la traversata in scooter, mentre entra nel pied-à-terre dell'attrice per uscirne il giorno dopo - da Parigi è soprattutto silenzio assordante.

A raccontare invece, in maniera parecchio eloquente, anche con molti non detto, il clima che si respira nei palazzi della politica e del potere, e forse anche nella libertina società francese, sono gli organi di stampa. Quasi un coro unanime che si stringe attorno al presidente per stigmatizzare l'attacco alla sua vita privata. Il più feroce contro lo sgambetto al presidente è Le Parisien, quotidiano nazionale più diffuso a Parigi secondo cui la decisione di pubblicare le «foto rubate del capo dello Stato» «segna una deriva inedita e rimette fortemente in discussione la frontiera fra vita pubblica e privata»: due sfere, spiega, che dovrebbero essere separate «da un cordone sanitario».

Da Le Monde al Figaro a Libération i toni non cambiano ed evidenziano più un'urgenza a difendere il privato dell'Eliseo che a cogliere le contraddizioni o le eventuali ripercussioni pubbliche dello scandalo. Lo spazio dedicato alla reazione del presidente, cioè alla richiesta di rispettare la sua vita privata, è nettamente superiore a quello dato alla notizia, con Le Figaro che titola «Hollande chiede il rispetto della sua vita privata» e lo esorta a fare un discorso pubblico talmente forte da rimuovere le tentazioni di voyerismo, Le Monde che insiste «Monsieur Hollande costretto a difendere la sua vita privata», Libération che si chiede, dopo aver relegato la notizia in un angolo della prima pagina: «Esiste una vita privata durante l'Eliseo?».
Di certo nulla a che vedere con la crudeltà degli inglesi, che dal caso del ministro John Profumo a quello vicepremier di Blair, John Prescott, non perdono occasione per inchiodare i loro politici ai Sexgate. Niente a che fare neanche con gli americani e non solo dopo lo scandalo Clinton-Lewinsky. Inimmaginabile negli States che il capo dello Stato possa lasciare il palazzo presidenziale in scooter e passare la notte altrove. Dopo l'assassinio di Kennedy, l'associazione della stampa presidenziale ha ottenuto che un pool di giornalisti segua praticamente ovunque il presidente fuori dalla Casa Bianca. E che dire dell'Italia, dove la stampa non ha risparmiato alcun dettaglio né giudizi - legittimi quanto feroci - sulle serate dell'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi? In Francia, invece, da destra a sinistra, la stampa si stringe attorno al presidente, come hanno già fatto i politici di ogni colore.

Snobismo? Sintonia con i costumi francesi? Eccesso di connivenza col potere? Pura voglia di difendere il sacrosanto pricipio della privacy o -

come lascia intendere la direttrice di Closer - forse un pizzico di invidia per lo scoop mancato? «Se la storia vi ripugna tanto - chiede piccata Laurence Pieau - non sarebbe stato più semplice non farci la prima pagina?».

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