Un "Esterno notte" molto controverso

Le prime quattro puntate sono state un successo. Ma non mancano le critiche

Un "Esterno notte" molto controverso

È la (mini)serie del momento. Tutti ne parlano anche perché a ospitare i sei episodi di Esterno notte di Marco Bellocchio su Aldo Moro, interpretato magistralmente da Fabrizio Gifuni, è la rete ammiraglia della Rai. Le prime quattro puntate sono andate in onda lunedì e martedì scorso mentre le ultime due si vedranno oggi in prima serata su Rai 1. L'auditel ha registrato dei buoni risultati con 3,6 milioni di spettatori per il primo episodio e 2,9 per il secondo, con un share del 18,6 per cento. Lieve calo martedì con 3 milioni di spettatori e di conseguenza per il quarto con 2,5 milioni e uno share del 15,7 per cento.

«Sono molto contento e incoraggiato dagli ascolti perché dimostrano che c'è ancora un vasto pubblico appassionato alla grande Storia d'Italia», ha commentato il regista che ha compiuto 83 anni lo scorso 9 novembre. Mentre la direttrice di Rai Fiction, Maria Pia Ammirati, si è detta orgogliosa «di offrire alla grande platea generalista una serie che è un esperimento e un laboratorio del racconto seriale sostenuto dalla qualità autoriale di un Maestro». E tra il pubblico, seguendo un po' i social e analizzando i dati Auditel, pare si siano ritrovati anche molti giovani. Al riguardo Ludovica Rampoldi, che ha scritto la serie con lo stesso regista, Stefano Bises e Davide Serino e che all'epoca del sequestro Moro, nel 1978, non era ancora nata, spiega al Giornale un possibile motivo: «I terroristi che raccontiamo erano giovanissimi, quindi c'è una rappresentazione di una gioventù - incendiaria, piena d'odio e disposta a tutto - così diversa da quella di oggi che è forse uno degli aspetti che per un pubblico più giovane può suonare mostruoso, quindi talmente incredibile da volerlo scoprire».

Insomma, il servizio pubblico ha fatto il suo mestiere proponendo una serie di indiscusso valore, presentata lo scorso maggio al festival di Cannes e uscita nella sale, divisa in due appuntamenti da tre episodi ciascuno, con un buon riscontro di pubblico, vista anche la durata, e i favori della critica, non solo italiana: «Bellocchio trasforma il piombo in oro rivisitando un trauma nazionale grazie a una serie magistrale e feroce che somiglia soprattutto a un film fiume in sei atti», ha scritto il francese Libération.

Certo, premendo il tasto della ricostruzione del caso Moro, letto attraverso gli avvenimenti fuori dalla cosiddetta «prigione del popolo» dove le Brigate Rosse avevano rinchiuso il presidente della Dc, vent'anni dopo il film dello stesso Bellocchio Buongiorno, notte, tutto chiuso invece nel covo di via Montalcini a Roma, c'è chi storce il naso. La più autorevole voce dissonante è stata quella della figlia dello statista democristiano, Maria Fida Moro: «O si decide che siamo personaggi storici, e allora si rispetta la storia, o si decide che siamo personaggi privati e ci si lascia in pace». Marco Bellocchio non ha risposto, come non fece a maggio a fronte della stessa posizione, «per non fare polemiche», anche se aveva tenuto a sottolineare di aver «rappresentato la famiglia non solo con il massimo del rispetto ma, direi, dell'affetto e dell'amore».

Sul versante politico si è espresso con severità Marco Taradash (+Europa) che su Twitter ha segnalato come fasulle le prime scene della serie perché portano a pensare che «a progettare rapimento e omicidio di Moro non furono i terroristi comunisti delle BR ma le potenze straniere (vedremo quali) che osteggiavano il compromesso storico». Mentre Mario Adinolfi, sullo stesso social, se la prende con Bellocchio perché «le Br sembrano ferrovieri gucciniani (gli eroi son tutti giovani e belli) e la Dc un covo che voleva la morte di Moro. Le Br erano criminali, la Dc il miglior governo della storia d'Italia». Sarà per questo che anche un ex democristiano come Gianfranco Rotondi ha sentenziato che «alla fine, la visione del film di Bellocchio rimane né con lo Stato, né con le Brigate rosse. Inquietante».

Agli spettatori l'ardua sentenza, anche se è utile segnalare quanto

sia limitativo, come sempre, cercare una totale verosimiglianza in un'opera di finzione, pur diretta da un autore che ha le sue idee politiche ben precise e lo ha dimostrato nel ritratto di un Berlinguer un po' meschino.

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