L'equivoco difesa da risolvere

Una adeguata struttura di difesa dell'Europa non può che essere multi-livello, con una forte capacità di deterrenza realizzabile solo in una dimensione continentale e una capacità di difesa e azione dei sistemi nazionali

L'equivoco difesa da risolvere

I contenuti e l'intensità con la quale i temi di politica estera e difesa si stanno imponendo nel dibattito pubblico confermano quanto politica estera e politiche della difesa siano oggi più che mai due facce della stessa medaglia. Del resto tutta la discussione sull'urgenza di rafforzare e adeguare i nostri sistemi di difesa deriva proprio dai profondi cambiamenti geopolitici intervenuti negli ultimi anni, in particolare dopo l'invasione russa dell'Ucraina. E quanto l'esito di questa guerra possa essere dirimente per il futuro geopolitico dell'Europa e dell'Occidente conferma il nesso profondo che c'è tra le capacità militari di un Paese per difenderne sicurezza e sovranità e il proprio peso nelle relazioni internazionali. Dovremo dunque abituarci a operare in uno scenario mondiale che già oggi appare sempre più sottomesso alle implacabili leggi dei rapporti di forza e nel quale il gioco della dominazione tende a prendere definitivamente il sopravvento su quello della cooperazione. Fare i conti con questa realtà non significa affatto piegarsi passivamente ad essa, ma attrezzarsi per contrastarla e ripristinare il rispetto dei principi di Diritto Internazionale. Ma da ciò deriva, anche per l'Italia, la necessità di avere una postura politica e militare che permetta sia di fronteggiare le nuove minacce alla sicurezza, non potendo più contare sulla storica protezione americana così come ne abbiamo goduto fino ad oggi, e contestualmente poter giocare fino in fondo il giusto ruolo internazionale in una delicatissima fase di ridefinizione degli equilibri mondiali come quella nella quale siamo immersi. Di qui la necessità di un adeguamento degli assetti di difesa che consenta di incidere nelle scelte e così perseguire i fondamentali obiettivi della politica estera italiana, tra i quali c'è quello di evitare ciò che troppo frettolosamente è stato descritto come la fine dell'Occidente.

La prospettiva strategica di un'Europa che si fa potenza è sicuramente una delle condizioni di tenuta dell'unità occidentale e richiede un'accelerazione nella costruzione della Difesa Europea dopo i tanti stop and go di questi anni. Ma Difesa Europea e Difesa dell'Europa non significano la stessa cosa e non possono avere gli stessi tempi di realizzazione. La difesa dell'Europa è l'urgenza da affrontare oggi nella auspicabile prospettiva di realizzare domani la Difesa Europea. E a tal proposito vale davvero la pena fare un po' di chiarezza sgombrando il campo da strumentali superficialità più finalizzate a demagogiche posizioni politico-parlamentari che a discutere nel merito della questione. Penso alla ripetuta argomentazione utilizzata da quanti osteggiano l'impegno finanziario per rafforzare i sistemi di difesa nazionali poiché in contrasto con la realizzazione della Difesa Europea, mentre è vero esattamente il contrario. Oggi rafforzare i sistemi di difesa dei Paesi europei è la prima urgente e fondamentale condizione per consentire un'adeguata difesa dell'Europa. Innanzitutto per rimediare ai gap che si sono oggettivamente creati in questi ultimi anni. La incredibile velocità dei processi di evoluzione tecnologica, nel settore Difesa ancor più rapidi che in altri settori industriali, e il sostegno concreto in termini di mezzi e munizioni fornito all'Ucraina in questi tre anni hanno determinato oggettivamente vuoti e ritardi che vanno rapidamente colmati. E non si tratta di riarmo, ma di adeguare e ridare la necessaria efficacia operativa ai nostri assetti attuali. Oggi, insomma, l'Europa non può essere in grado di difendersi militarmente senza un rafforzamento delle capacità militari dei singoli Stati. Del resto la stessa Nato non ha mai contemplato una smobilitazione delle difese nazionali, anzi in essa si pone il problema di un'adeguata percentuale di investimento nella spesa militare nazionale come condizione di partecipazione attiva all'Alleanza.

Una adeguata struttura di difesa dell'Europa dunque non può che essere multilivello, con una forte capacità di deterrenza realizzabile solo in una dimensione continentale e una capacità di difesa e azione dei sistemi nazionali. Da attivare in un modo o nell'altro o congiuntamente, a seconda delle circostanze e della natura delle minacce. I piani di investimento, sollecitati con il documento della Commissione Europea rinominato «Readiness 2030», dovranno quindi essere concepiti con questo approccio. Accanto all'adeguamento degli assetti nazionali per la cui spesa necessaria si potrà utilizzare la possibilità di deroga ai vincoli del patto di stabilità, bisognerà promuovere programmi industriali condivisi tra più Paesi europei finanziati con debito europeo. E di questo se ne sta già discutendo, senza escludere il ricorso a scelte politiche e norme per evitare i vincoli di unanimità imposte dai trattati che hanno finora ritardato le scelte necessarie. L'obiettivo, naturalmente, deve sempre essere quello di conciliare l'indispensabile aumento della spesa di settore con la tutela delle più importanti spese sociali e di investimento.

C'è poi il tema del rapporto dell'Europa con la Nato di cui si parlerà nel prossimo vertice dei capi di Stato e di Governo Nato che si svolgerà dal 23 al 25 giugno a L'Aia. Occasione per affrontare con l'alleato americano una discussione sul futuro dell'Alleanza Atlantica e anche su alcune ambiguità strategiche emerse in questi primi 100 giorni di amministrazione Trump. È davvero incomprensibile come si possa pensare a una strategia di difesa dell'Europa oggi in alternativa alla Nato. Nelle more di una compiuta Difesa Europea il ruolo della Nato resterà indispensabile e insostituibile. Basti pensare che tra i 32 Paesi membri della Nato ci sono tutti quelli Ue meno l'Irlanda, ma di fatto solo 3 sono quelli non in Europa e pertanto ciò che è utile alla difesa dell'Europa è utile alla Nato e viceversa. Inoltre oggi la Nato è l'unico luogo dove concretamente coltivare le speranze di tenuta dell'unità dell'Occidente. Semmai quanto più forte sarà l'autonomia strategica dell'Europa nel settore difesa, in particolare su alcuni fondamentali asset, tanto più peserà il pilastro europeo nella Nato e più forte sarà la stessa Nato.

Molto, ovviamente, dipenderà sia dalla determinazione degli europei che da come la nuova amministrazione americana intenda muoversi. Anche per questo il prossimo vertice di giugno assume grande rilevanza e sarà molto importante conoscerne le conclusioni.

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