L'euroslalom di Schlein tra i franchi tiratori e la fame di incarichi

La linea ufficiale è si agli accordi, ma nel Pd pullulano i contrari. Elly piazza i suoi

L'euroslalom di Schlein tra i franchi tiratori e la fame di incarichi
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Votare Ursula, paladina dell'Ucraina, e - quel che è peggio - la fiera avversaria di Putin (che vorrebbe arrestarla) Kaja Kallas, designata come Alto rappresentante Ue? Neanche a parlarne.

La linea (quasi) ufficiale del Pd, che fa parte dell'accordo sulle cariche europee in quanto membro del Pse, è per il sì al pacchetto dei top job, in cambio del quale potrà partecipare da protagonista alla divisione dei posti in ballo in Parlamento. «Noi facciamo parte della maggioranza europeista», ha scandito il presidente Pd Stefano Bonaccini, raccontando di averne parlato proprio con von der Leyen. Un contatto diretto che si racconta abbia irritato Schlein, che si è sentita scavalcata: «Le trattative le conduco io».

Ma il rischio che il gruppo non sia compatto, e che diversi dei 21 eletti (in nome del «pacifismo» filo-russo, ma anche per contrarietà al compromesso

con il Ppe) finiscano per ingrossare le fila dei temutissimi franchi tiratori è realistico. Anzi, dal Ppe fanno sapere che il Pd è tra gli «osservati speciali» dei potenziali traditori nell'urna.

Tra i dem si dà per scontata, ad esempio, la diserzione di personaggi come Cecilia Strada e Marco Tarquinio, grandi propagandisti dello stop agli aiuti a Kiev. Niente voti a Ursula e tantomeno a Kallas, così indigesta a Mosca: lo hanno già fatto sapere ufficiosamente ai colleghi di gruppo. Ma l'elenco potrebbe allungarsi: si sospetta di Zan, Ruotolo, Corrado, tutti assai vicini alla segretaria. Che per convincerli userà l'asso nella manica: «Abbiamo ottenuto da Ursula che Meloni sia fuori dalla maggioranza». Se no, il patatrac interno sarebbe certo.

È in ritardo anche la definizione degli incarichi parlamentari. I principali criteri seguiti da Schlein sono innanzitutto (come per ogni leader) la promozione dei fedelissimi. E poi la neutralizzazione dei potenziali avversari: ecco perché la presidenza della commissione Affari regionali andrà a Antonio Decaro. Con il suo exploit elettorale nel Sud, che

ha stracciato quello di Elly al Centro, Decaro è stato insistentemente indicato come possibile alternativa «riformista» alla segretaria. Incastrarlo in un ruolo di rilievo nelle brume bruxellesi torna quindi utile, e può diventare un ottimo trampolino di lancio per candidarlo poi alla guida della regione Puglia. Poi c'è la Commissione Ambiente: Elly la ha fortemente voluta nelle trattative bruxellesi, rinunciando in cambio alla cruciale Commissione economica che era presieduta da Irene Tinagli.

«Molti, nel gruppo S& D, ci chiedono perché - racconta un parlamentare Pd - ma Schlein è convinta che il Green Deal sia il terreno perfetto per lo scontro tutto italiano con Meloni». Elly la vorrebbe per la fedelissima Laureti, che però dovrebbe rinunciare alla vicepresidenza del gruppo e cederla a Benifei, quota riformista. E la sinistra interna mugugna.

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