
Arriva la lista Ue dei «Paesi sicuri» che rilancerà il protocollo Albania. L’annuncio del presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen è scritto nella lettera inviata ai leader in vista del Consiglio europeo e rafforza il progetto di una profonda riforma della lotta all’immigrazione clandestina in cui gli hub di Paesi terzi extra Ue per il rimpatrio possono rappresentare la colonna portante del nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo che dovrebbe entrare in vigore nel 2026 ma che potrebbe anche essere anticipato. «La nostra intenzione è presentare una proposta per una prima lista Ue di paesi di origine sicuri nelle prossime settimane», ricorda.
«Stiamo aprendo agli hub di rimpatrio in paesi terzi - scrive ancora la von der Leyen - l’attuazione del Patto è la prima delle nostre priorità chiave per l’anno a venire. Siamo lavorando a proposte per accelerare aspetti mirati, inclusa la designazione di Paesi di origine sicuri con eccezioni che, se applicati il prima possibile, miglioreranno l’efficienza del nostro sistema di asilo». Dunque è possibile pensare che la lista arriverà prima dell’estate, quando è attesa anche la sentenza della Corte di giustizia Ue sollecitata dai giudici italiani, che non hanno condiviso l’elenco deciso dal nostro governo nel decreto Flussi in cui ci sono Bangladesh ed Egitto, considerati dai magistrati «non sicuri» con sentenze fotocopia erga omnes, non calate sul singolo richiedente asilo la cui domanda è stata respinta, vanificando così di fatto la strategia di contrasto all’immigrazione clandestina e l’attuazione piena del Protocollo Albania che prevede procedure accelerate di rimpatrio per i migranti maschi, maggiorenni e in buona salute recuperati in Mediterraneo dalle nostre navi militari.
Ma è sugli «hub di rimpatrio in Paesi terzi» che si gioca la partita più difficile. «Un sistema europeo comune ed efficace per i rimpatri è essenziale per il funzionamento della politica migratoria dell’Ue», la cui gestione complessiva è «debole», ecco perché serve «un regolamento su un sistema comune per i rimpatri», in un quadro «robusto e moderno» che «rafforza la dimensione europea della gestione dei rimpatri e creerà un collegamento senza soluzione di continuità tra le diverse fasi del processo migratorio». In questi hub di rimpatrio o return hubs sarà possibile portare chi ha già un decreto di espulsione. «Il processo di rimpatrio deve essere più efficiente con regole chiare, semplificate e comuni nell’interesse di tutti». Anche i due hot spot di Shengjin e Gjader in Albania potrebbero diventare dei Cpr per il rimpatrio, ma prima servirà un decreto su cui lavorano i tecnici del Viminale. «L’uso del rimpatrio forzato sarà rafforzato e applicato, ad esempio, quando le condizioni per il rimpatrio volontario non sono rispettate o in casi che presentano rischi per la sicurezza - scrive la presidente della commissione Ue - la proposta include anche misure dedicate per coprire le persone che rappresentano un rischio per la sicurezza, con regole più severe sulla detenzione e sui divieti di ingresso».
Vista la farraginosità del sistema e i diversi sistemi informatici nei vari Paesi membri la Ue sta lavorando anche a una «digitalizzazione della gestione dei casi di rimpatrio per la fine
dell’anno» e punta su un maggiore coinvolgimento di Frontex che potrebbe gestire le operazioni di rimpatrio «direttamente con i Paesi terzi, migliorando anche il ruolo dell’Agenzia nella prevenzione della migrazione illegale».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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