
L'ascensore europeo per il riarmo del Vecchio continente è pronto a imbarcare gli Stati che decideranno di salirci. Sulla carta, tutti e 27 gli inquilini del condominio Ue. Ursula Von der Leyen ha messo sul piatto un pacchetto ghiotto e molto concreto: «Sia per rispondere all'urgenza a breve termine per sostenere l'Ucraina, sia per affrontare la necessità a lungo termine di assumersi responsabilità maggiori per la sicurezza europea». Lo ha fatto ieri da Bruxelles, senza consentire domande, ma esplicitando cifre e strumenti del piano ReArm Europe. «Se gli Stati aumentassero la spesa per la difesa dell'1,5% del Pil in media» si arriverebbe a 650 miliardi in 4 anni, grazie alla clausola di salvaguardia che permette di sforare il 3% del deficit scorporando gli investimenti. Andrebbe chiesta dagli Stati. E trattandosi di debito la cautela è massima: il ricorso potrebbe esporre a rischi sui mercati finanziari. La seconda opzione è quella di prestiti europei per 150 miliardi a condizioni più favorevoli dei mercati. «Saranno asset dell'Ue sostenuti dal bilancio comunitario» ha spiegato un funzionario della Commissione. L'Europa è pronta in sostanza a emettere eurobond per rilanciare un'industria che oggi si rifornisce a piene mani dagli Usa. La Germania ha sempre frenato, e Ursula, tedesca, va in pressing: «Si tratta di spendere meglio e insieme». In serata il cancelliere in pectore Merz rompe un tabù: «Per la difesa deve valere il principio del whatever it takes, date le minacce a pace e libertà» ipotizzando, già prima dell'esordio in carica, la modifica della Costituzione a Berlino per aggiungere almeno un punto di pil alle spese militari, pur convinto che gli Usa «continueranno a rispettare gli impegni di reciproca alleanza». a mesi l'Agenzia europea per la difesa dice che bisogna «colmare a breve termine lacune nella difesa aerea» sviluppando tecnologie «per contrastare sciami di droni e minacce ad alta velocità» come i missili ipersonici russi. Il sogno è di uno scudo Ue, a cui 17 Paesi si sono già interessati. Gli altri tre punti del RiArm prevedono di attingere ai fondi di coesione; mobilitazione di capitale privato; aiuti dalla Banca europea di investimenti, modificando uno statuto già spesso aggirato. Tutto in previsione di appalti congiunti, armonizzazione dei sistemi e interoperabilità di eserciti e mezzi. Un sogno antico, riacceso dall'incubo della guerra alle porte. Toccherà domani ai capi dai capi di Stato e di governo discuterne nel Consiglio europeo straordinario. Droni, missili, difesa aerea e spaziale, cyber, intelligenza artificiale e artiglieria sono le indicazioni messe nero su bianco nella lettera inviata ieri da Ursula ai 27: così che nessuno dei leader - gli unici ad avere la palla «politica» per rendere l'inchiostro concreto - sia tentato dal ritardare un processo strategico che tutti si sono già impegnati a perseguire dal 2022. Prima mancavano le risorse per dotarsi di sistemi comuni. Gli eventi hanno suonato la sveglia. E la carica è arrivata. «Stiamo vivendo un'epoca pericolosa, la vera questione è se l'Europa è pronta ad agire con la stessa decisione chiesta dalla situazione», dice con tono drammatico Von der Leyen. Sfida i leader a rispondere compatti. Come al tempo del Covid. Ogni Stato può scegliere la via: ma siamo in «un'era di riarmo» e l'Europa è pronta a far quello che serve per difendersi. Al vertice Ue, si potrebbe poi dichiarare la sicurezza di Kiev «interconnessa» a quella europea. Nel 2025, l'Ue «fornirà 30,6 miliardi» di aiuti.
Il premier ungherese, restio, oggi sarà a Parigi da Macron. Che sul piatto ha già messo l'ombrello nucleare. Mentre il ministro Lecornu ha mostrato ieri un SU-35 russo che domenica ha sfiorato un loro drone Reaper nel Mediterraneo orientale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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