La partita si avvicina ai minuti decisivi, tra le squadre in campo si alza la tensione. Ieri il clima della campagna elettorale per il voto europeo si è fatto caldo soprattutto in Germania, con la Spitzenkadidatin dei socialdemocratici Katarina Barley e altri esponenti della Spd uniti e furibondi contro Ursula von der Leyen (nella foto). «Uno scandalo» le sue dichiarazioni, ha detto il vicecapogruppo al Bundestag Achim Post.
Quale la colpa della presidente della Commissione? Lunedì sera a Maastricht, nel corso del primo dibattito tra i capilista dei vari gruppi politici candidati al Parlamento, la von der Leyen ha in qualche modo «aperto», sia pure con parole più che prudenti, a una possibile collaborazione con le forze che si riconoscono nel gruppo dei Conservatori e Riformisti («Dipende dal Parlamento e da chi ci sarà») che in Italia sono rappresentati da Fratelli d'Italia, escludendo invece intese con i sovranisti di Identità e Democrazia (gruppo a cui aderisce la Lega).
L'indignazione di Verdi e Sinistra, a partire dai partecipanti alla serata di Maastricht (dove Conservatori e Riformisti non erano rappresentati) è stata quasi automatica: «la von der Leyen apre la strada alla destra estrema, a chi non crede all'Europa», è stato il commento più benevolo).
Reazioni di maniera a parte, la dichiarazione della von der Leyen è una novità che dà la misura della sua tattica (e forse delle sue difficoltà).
La mossa è rischiosa perché può aprire una spaccatura profonda con gli alleati che hanno sostenuto il suo primo mandato, Verdi e socialisti. Ma proprio per questo dimostra la sua disponibilità a nuove geometrie politiche che dovessero uscire dal voto. A Bruxelles i giochi non sono ancora fatti.
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