Un voto per rialzare la testa

Circola in questi giorni una nostalgica immagine di Ronald Reagan, fotografato mentre conversa allegro con papa Wojtyla, e gli propone una battuta

Un voto per rialzare la testa

Circola in questi giorni una nostalgica immagine di Ronald Reagan, fotografato mentre conversa allegro con papa Wojtyla, e gli propone una battuta che traduco subito dall'americano: «I comunisti sono quelli che hanno letto Marx e Lenin. Gli anticomunisti sono quelli che hanno capito Marx e Lenin». Sono passati 40 anni da allora, ma questa frase risulta incomprensibile. Esistono sì sedicenti comunisti e anticomunisti, ma né gli uni né gli altri sanno, a parte le prime due righe di una pagina di Wikipedia, consultate di sfroso per reggere la conversazione all'aperitivo, non sanno, non gli importa, non ricavano da alcun maestro una qualsivoglia ideologia, fosse pure da mezzacalzetta. So che la formula «fine delle ideologie» è considerata una cosa buona. Confermo. Esse, infatti, nate con la pretesa di salvare il mondo, si sono rivelate folli droghe passate dagli intellettuali al popolo, hanno fornito ai loro consumatori allucinazioni feroci, conducendo, in vista dell'utopia, all'assassinio di milioni di persone, inforcate come covoni di paglia, e buttate nel falò della storia nella convinzione di purificare il mondo. In realtà coprendolo di cenere e sangue. Un minimo di ideologia però ci vorrebbe. Non dico un'utopia rivoluzionaria, ma esagero almeno un pensiero moderato, non dico un'idea forte sul mondo e perciò sull'Europa, andrebbe bene anche il semolino, ma almeno con un po' di condimento, qualche pizzicore di fascino. Niente. Ho ascoltato di buona lena i leader politici che si sono affacciati in televisione a chiedere il voto per le europee - ah l'Europa, che in gioventù era per noi un mito dotato di ragazze bionde in saune finlandesi, alla fine da ragazzi si punta lì e l'immagine si è capovolta in chi li ascoltava in quella di una terra desolata. Non sono mancati i battibecchi, ma niente a che vedere con galassie che si scontrano partorendo comete mostruose, bensì polli che si spiumano cercando di rubarsi l'anima, ma al massimo pungendosi le animelle con questioni da osteria. Gli ultimi giorni sono stati dominati dalla propaganda di sinistra, condotta elevando a minaccia cosmica per l'umanità alcuni messaggini di sei anni fa tra laziali fuori di zucca: un tale Diabolik e il futuro capo ufficio stampa di un ministero minore ce l'avevano con gli ebrei e i preti; da destra si è risposto rivelando come la Salis, pseudo martire ungherese icona del progressismo antifascista, sia una mediocre scroccona che non paga l'affitto. Le ideologie hanno decisamente fatto una brutta fine. Ridatecene un po'. Qualche disegno di grandezza ci deve pur essere. Non si capisce perché fare una unità di Stati, con legami che vanno dal rigido al molliccio, se, comunque vada, alla fine il destino dell'Unione e di tutto il continente è di essere sottomessi all'America, in un Patto Atlantico dove decidono gli altri comunque. Non si capisce la differenza allora tra una sottomissione di un intero continente con un unico contratto di mutua difesa decisa a Washington, rispetto a tanti trattati con gli Usa dei singoli Stati minori che così cerchino almeno di nascondersi nella periferia dell'Impero per farsi gli affari propri. Meglio un padrone solo e lontano (l'America), che due (gli Usa e Bruxelles) in una catena di comando dove siamo i plebei della compagnia.

Un po' di ideologia, perbacco, una briciola di pensiero positivo e sensatamente ribelle (escluderei la parola «ideale»: quando la sento pronunciare da certi ceffi o ceffe, metterei mano alla pistola ad acqua, se ce l'avessi, per metterli in fuga).

C'è una ragione profonda di questa fatua fragilità europea, carica di vessazioni verso i suoi cittadini, ma impotente da qualsiasi parte giri la faccia oltre i suoi confini.

Ernesto Galli della Loggia, in un bell'editoriale sul Corriere della Sera, ha spiegato ieri che la causa di questa inesistenza europea nel gran teatro del mondo è dovuta all'incapacità di fondarci sulle nostre radici di civiltà, dal vergognarci del nostro passato, dimenticando le croci che segnano e dettano l'identità di ogni luogo del continente. Giusto. Il fatto è che con tutte quelle gloriose nostre radici l'Europa è un raduno di Stati perdenti. Tutti e ventisette (anche la Francia, cui è stata perdonata Vichy) infatti hanno perduto la Seconda Guerra Mondiale, anche se l'Italia finge il contrario, rivendicando il voltafaccia dell'ultima ora. Come ricordò nella Conferenza di pace di Parigi (1946) il plenipotenziario sovietico Andrej Vyinskij, gli italiani non erano in parte fascisti e in parte antifascisti, ma erano tutti degli sconfitti. (Per fortuna noi italiani l'abbiamo perduta dalla parte giusta della linea fissata a Jalta). A vincere sono stati Usa, Inghilterra e Urss. Oggi comandano i primi due.

Quando Germania e Italia hanno cominciato in questo millennio a incrementare e a stabilire rapporti organici con la Russia a beneficio reciproco, a rischio di costituire la prima potenza economica mondiale (noi manifattura, voi materie prime), dall'altra parte dell'Atlantico hanno rimesso le cose in chiaro. Le Europee sono le elezioni dei sottomessi. Che fare? Io voto chi almeno ha dato prova di non lasciarsi mettere i piedi in testa dalle mezze tacche di Bruxelles.

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