La caserma dei carabinieri distante poche centinaia di metri; per strada pensionati e decine di mamme intente ad accompagnare all'asilo i propri figli. E poi tanto traffico da non riuscire a muoversi. Uno scenario che però non ha scoraggiato i killer, che ieri mattina a Rho hanno ucciso nella loro auto nel corso di un agguato in stile mafioso due uomini originari di Taranto, ma da anni residenti nel capoluogo. Francesco Catapano, 71 anni, e il figlio Umberto, di 37, sono stati giustiziati in pieno giorno da un commando composto da un paio di esecutori e forse da altrettanti complici che avrebbero fornito loro appoggio logistico. Un regolamento di conti nell’ambito della malavita, secondo gli investigatori, anche se le vittime non ricoprivano ruoli particolari nell’organizzazione del crimine.
Umberto Catapano aveva infatti un fascicolo giudiziario con piccoli precedenti di polizia, dalla rissa all’estorsione. Da poco era tornato in circolazione, dopo un periodo di arresti domiciliari, conseguenti a un assalto in un autogrill. Per vivere entrambi facevano gli ambulanti. Un profilo dunque che rende ancora più misterioso l’agguato preparato nei minimi dettagli e condotto in maniera «professionale» e spietata.
Sono passate da qualche minuto le 9 quando, proveniente da via Parri, la Mercedes delle vittime, guidata dal papà, imbocca la via Aldo Moro, nel popoloso quartiere Stellanda. I due, che forse hanno un appuntamento in città, ignorano che i killer sono già alle loro spalle. Ad un certo punto infatti la loro auto viene affiancata da un’altra vettura che costringe il conducente ad accostare a destra, sino a toccare il marciapiede. Una manovra che porta la Mercedes a bloccarsi dentro un parcheggio, a una cinquantina di metri di distanza dall’asilo nido e dalla scuola materna. Subito dopo il «far west», con i proiettili che volano e la gente che scappa e cerca rifugio nei palazzi e dietro le auto in sosta.
La Mercedes viene raggiunta da un grosso scooter grigio, in sella due individui con il volto coperto dai caschi. Uno di loro scende e apre subito il fuoco, contro i bersagli, disarmati e inermi nell’abitacolo. Probabilmente a sparare è anche l’altro complice, e tutto si consuma in una breve parentesi. Una decina di colpi o forse più, e per Umberto Catapano, centrato alla testa, non c’è già più nulla da fare. Anche il padre, colpito al capo, rimane inchiodato e sanguinante al volante.
Arrivano le ambulanze del 118, che portano il figlio all’ospedale di Garbagnate e il padre a Rho dove i medici tentano inutilmente di salvarlo: muore qualche ora dopo. I carabinieri stanno ora cercando di venire a capo del giallo, ipotizzando che Umberto fosse il bersaglio predestinato e Francesco sia stato eliminato solo perché era in compagnia del figlio.
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