Da ottobre 2022 a marzo 2023 abbiamo ormai superato abbondantemente gli 11 milioni e mezzo di italiani colpiti dall'influenza stagionale: nell'ultimo Report dell'Iss (Istituto Superiore di Sanità) si è assistito a un lieve calo dei casi rispetto alla settimana precedente (7,7 per mille contro 8,2 di sette giorni prima) ma quel che più ha colpito sono stati durata e persistenza della malattia con l'andamento della curva epidemica, quest'anno, in anticipo rispetto alle precedenti stagioni e un picco di incidenza più elevato rispetto agli anni precedenti.
Cosa è successo quest'anno
Gli esperti hanno spiegato che la differenza sostanziale con gli anni scorsi è l'anticipo del boom influenzale che solitamente si ha tra i mesi di gennaio e febbraio. In questa stagione, invece, l'influenza ha picchiato duro soprattutto nel mese di dicembre con la curva epidemica che pur essendo scesa e assestata a gennaio, nel mese successivo non è calata più di tanto ma è rimasta su valori comunque elevati. Le ipotesi sono molteplici: dall'immunità individuale alla maggior aggressività del virus australiano agli anni di Covid che, con distanziamento e mascherine, hanno indebolito le difese immunitarie non esponendoci a un agente virale presente ogni anno. In questo modo siamo rimasti meno protetti e il boom di quest'anno può essere spiegato anche così.
Quali sono i sintomi
La maggior parte di coloro i quali sono stati colpiti dall'influenza australiana hanno evidenziato febbre alta oltre i 38 gradi accompagnata da tutti i sintomi più comuni quali dolore alle ossa, brividi, spossatezza, mal di testa. La durata minima è di tre giorni ma per la completa guarigione può essere necessaria anche più di una settimana. In presenza di sintomatologia bisogna contattare il proprio medico che saprà prescrivere la cura più adatta al paziente: se è vero che resta fondamentale l'alimentazione e l'idratazione, gli antibiotici sono inutili (curano i batteri, non i virus) ma paracetamolo e ibruprofene sono sempre adatti per far scendere la temperatura corporea.
Per evitarla bisognava vaccinarsi in autunno: come in ogni stagione, il vaccino garantisce una buona copertura contro la malattia e va effettuato solitamente 6-8 settimane prima dell'arrivo dell'influenza per garantire la protezione dell'organismo. L'efficacia, poi, cala dopo sei mesi ed è per questo che ogni anno l'iter va ripetuto, anche per la differenza dei ceppi influenzali tra una stagione e l'altra.
Come spesso accade, anche quest'anno a esserne maggiormente coinvolti sono stati i bambini e giovanissimi che hanno poi, inconsapevolmente, diffuso il virus in famiglia: tra le regioni italiane più colpite nelle scorse settimane troviamo Toscana e Abruzzo.
Con l'avvio della primavera, comunque, si dovrebbe assistere a un sempre maggior calo della circolazione virale ma attenzione ai "colpi di coda" del virus che, come vale per l'inverno, anche in questo caso possono manifestarsi per tutto il mese di marzo e aprile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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