Leucemia linfatica cronica, nuove speranze dalla ricerca: le terapie per contrastare la patologia

La ricerca ha fatto enormi passi in avanti per quanto riguarda il trattamento di questa malattia, e adesso parlare di remissione è finalmente possibile

Leucemia linfatica cronica, nuove speranze dalla ricerca: le terapie per contrastare la patologia
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Nota per essere una delle malattie del sangue più diffusa nel mondo occidentale, la Leucemia linfatica cronica (LLC) colpisce ogni anno circa 5 persone su 100mila. La medicina moderna ha pero ottenuto importanti risultati nel trattamento di questa patologia, tanto che adesso è possibile parlare di remissione.

Cos'è la Leucemia linfatica cronica

La LLC rientra nel gruppo della malattie neoplastiche del sangue, e consiste in un significativo accumulo di linfociti non solo nel torrente circolatorio, ma anche nel midollo osseo e negli organi linfatici. Questo perché i linfociti, spesso i B, subiscono un'alterazione genetica. Solitamente è una malattia che colpisce i soggetti anziani e l'età media al momento della diagnosi si attesta intorno ai 70 anni. Rispetto ad altri tipi di leucemia, il suo è un andamento indolente, che spesso non richiede neanche l'urgenza di un trattamento, ma non sempre è così. Inoltre vi sono delle varianti che invece hanno una prognosi più sfavorevole.

Il sintomo più evidente di questa patologia è l'adenopatia generalizzata, ossia l'allargamento di più di due gruppi di linfonidi non contigui. A seguire possono presentarsi anche stanchezza, pallore, palpitazioni ed emorragie. Il tutto accompagnato da deficit della risposta immunitaria.

In Italia, purtroppo circa 3mila persone ricevono una diagnosi di leucemia linfatica cronica all'anno. "Non è considerata una malattia guaribile, nel senso comune con cui immaginiamo questo termine: cioè, dopo una diagnosi, fare una data terapia per un tempo determinato e, al termine della terapia, non avere più la malattia", spiega Marco Vignetti, presidente Fondazione GIMEMA Franco Mandelli, all'evento Il Tempo della Salute. "ISe la terapia (o quando la terapia) diventerà necessaria, abbiamo la possibilità di utilizzare farmaci 'target' che mantengono un controllo della malattia a lunghissimo termine, sempre consentendo, di fatto una vita pressoché analoga a quella di una persona non malata", aggiunge.

Di fatto le armi ci sono. E adesso è anche possibile sperare in una remissione.

Le nuove terapie

Ad oggi non è ancora possibile guarire dalla leucemia linfatica cronica, ma si può comunque sperare in un trattamento che renda la vita il più normale possibile. Tutto questo grazie ai risultati raggiunti dalla ricerca. I pazienti possono condurre tranquillamente le loro giornate, senza pensare alla patologia.

La prima arma per combattere contro questa malattia è il controllo e la valutazione. Quando la LLC non dà sintomi, è indolente, e viene considerata di piccole dimensioni, non è necessario intervenire. La situazione può essere monitorata con un semplice esame del sangue (emocromo). Quando i linfonodi cominciano a ingrossarsi e sale il livello dei linfociti nel sangue, allora è il caso di cominciare il trattamento.

Un tempo si usava una combo che vedeva impiegate sia la chemioterapia che l'uso degli anticorpi monoclonali. Adesso, però, abbiamo farmaci molto più specifici e mirati, capaci di bloccare la crescita delle cellule. "Abbiamo oggi farmaci biologici orali che sono in grado di intervenire su alcuni meccanismi che favoriscono la proliferazione e sopravvivenza delle cellule della malattia. Alcuni di questi farmaci, gli inibitori di BTK (tirosin chinasi di Bruton), riducono la malattia mantenendo un controllo purché assunti in maniera continua ogni giorno. L'inibitore della proteina BCL2, invece, favorisce la sopravvivenza nel tempo delle cellule malate, può dare delle risposte molto profonde in cui le cellule malate non sono più identificabili anche con metodiche di laboratorio molto fini.

Con alcuni medicinali possono essere raggiunti un controllo ottimale della malattia di lunga durata e in altri anche remissioni profonde", ha spiegato Paolo Ghia, direttore del Programma Strategico sulla Leucemia Linfatica Cronica all'Irccs Ospedale San Raffaele di Milano.

La malattia, in questo modo, viene mandata in remissione, e così può restare per mesi, se non addirittura per anni.

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