Fed al bivio: Bernanke pensa ad alzare i tassi

Nella prima conferenza stampa della storia della Fed, il presidente non esclude, nel giro di un paio di mesi, di aumentare il costo del denaro, fermo tra lo 0 e lo 0,25%. Riviste al ribasso le stime di crescita 2011 al 3,1-3,3%. Frecciata a S&P sui conti pubblici

Fed al bivio: Bernanke pensa ad alzare i tassi

Un paio di stilemi da banchiere centrale, fin troppo scontati, del tipo «il dollaro forte è nell’interesse degli Stati Uniti» e la «disoccupazione è insopportabilmente alta», e poi Ben Bernanke fa subito capire la differenza che passa tra un comunicato calibrato col bilancino del Fomc, il braccio operativo della Federal Reserve, e la sua personale visione della politica monetaria. Così ieri, davanti ai giornalisti, nella storica prima conferenza stampa con cui ha aperto la nuova strategia di comunicazione votata alla trasparenza, il numero uno della banca centrale Usa lascia cadere quasi con nonchalance che l’espressione «periodo prolungato», riferita a tassi eccezionalmente bassi, è «vaga» e potrebbe significare un paio di riunioni prima di procedere con una stretta.

Negli Stati Uniti le leve del costo del denaro, primo argine contro la Grande recessione, sono bloccate tra lo zero e lo 0,25% ormai dal dicembre 2008. Ferme sono rimaste anche ieri con una decisione presa all’unanimità. Ma, da tempo, all’interno della banca di Washington si è aperto il dibattito sull’opportunità di mantenere invariata la politica monetaria. A maggior ragione dopo la decisione con cui la Bce ha alzato di un quarto di punto i tassi, senza peraltro negare la possibilità di ulteriori giri di vite. Se il dollaro dev’essere forte (e oggi non lo è), mantenere i tassi a livello zero certo non ne aiuta la rivalutazione.

Ci sono però alcuni possibili impedimenti a una variazione della politica monetaria nel breve periodo, ora che il programma di riacquisto di T-bond per 600 miliardi sta per concludersi. Prima di eventuali interventi, ha infatti precisato il successore di Greenspan, «vorremmo registrare continui miglioramenti e una ulteriore creazione di posti». Al momento, invece, «stiamo cercando di uscire da una voragine: mancano ancora più di 7 milioni di posti rispetto a prima della crisi». Non basta dunque il miglioramento del mercato del lavoro rispetto all’agosto 2010, riflesso dal taglio alle previsioni sulla disoccupazione per quest’anno dall’8,8-9% delle stime precedenti all’attuale 8,4-8,7%. Anche perché la ripresa, «moderata», non sembra avere forza sufficiente per trainare le assunzioni. Il primo trimestre si è chiuso con una modesta crescita del Pil sotto al 2% che Bernanke considera un fenomeno «passeggero». Ma la banca centrale Usa ha anche ritoccato verso il basso le stime sull’intero anno in corso, destinato a vedere un aumento del Pil tra il 3,1 e il 3,3% dal precedente 3,4-3,9%. «Abbiamo ribassato un po’ le nostre stime - ha spiegato -, in considerazione di alcuni fattori come l’indebolimento del settore delle costruzioni immobiliari e di un momentaneo indebolimento dello slancio dell’economia».

Su una mossa in senso restrittivo non dovrebbero invece pesare ossessioni inflazionistiche che la Fed non ha. Bernanke ha detto di considerare «transitori» gli effetti dei rincari delle commodities. Le stime 2011 sui prezzi core (al netto di alimentari ed energia) sono però state riviste al rialzo a 1,3-1,6% dal precedente 1-1,3%.


Bernanke non ha trascurato uno dei temi più caldi negli Usa, ovvero il disastroso stato dei conti federali, senza lanciare una frecciata a Standard&Poor’s («Non ci ha detto nulla di nuovo») che ha minacciato un declassamento degli Usa. L’azione per contrastare il forte indebitamento Usa è la «prima priorità di lungo periodo» per il Paese», ha detto Bernanke, che guarda anche «con attenzione al debito» europeo.

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