«Siamo tornati verso la Valle di Quillota. Il paesaggio era bellissimo, formava proprio quel genere di spettacolo che un poeta definirebbe pastorale: ampi prati verdi separati da piccole valli in cui scorrono ruscelletti e, sperse sui fianchi delle colline, numerose casette, forse dimora dei pastori. Ero partito per un'escursione a cavallo allo scopo di esaminare la geologia delle basse pendici delle Ande, che in questa stagione sono l'unico tratto di queste montagne sgombro dalle nevi invernali, e sono tornato ricco di esperienze». Così annota nel suo diario Charles Darwin il 15 agosto del 1834. Da quella mole di appunti, stesi nell'arco di un viaggio durato cinque anni e culminato con le intuizioni che lo avrebbero condotto all'elaborazione della teoria dell'evoluzione delle specie per selezione naturale dopo il suo incontro folgorante con le Galápagos, il poco più che ventenne naturalista britannico ricaverà il materiale per dare alle stampe, qualche anno dopo il suo ritorno in patria, uno dei suoi libri più belli: Viaggio di un naturalista intorno al mondo, da allora ristampato senza sosta.
L'esperienza di un viaggio ci cambia, figuriamoci quella di un viaggio intorno al mondo. Ma di questi tempi, nei quali viaggiare è così difficile, non ci resta che affidarci ai libri e all'immaginazione, pur senza avere la pretesa di sostituire l'esperienza diretta. Ecco dunque cinque libri che raccontano con senso della storia e profonda umanità altrettanti viaggi affascinanti intorno al mondo e che vi consigliamo di includere tra le vostre letture estive.
Come tutti sanno, il primo a imbarcarsi in una simile impresa fu nel 1519 il portoghese Ferdinando Magellano, che tuttavia (come raccontato dal vicentino Antonio Pigafetta nella sua Relazione del primo viaggio intorno al mondo) fu trucidato dagli indigeni nell'oscura isoletta di Mactan (Filippine) prima di aver condotto a termine la sua avventura (fu il basco Juan Sebastian Elcano ad assumere il comando della spedizione, alla morte di Magellano, e a portarla a compimento). Quella del libro di Pigafetta è una lettura obbligata, a nostro giudizio, soprattutto sotto l'aspetto etnografico e documentario. Alcuni secoli dopo, il famoso pirata inglese William Dampier, tra un arrembaggio e l'altro circumnavigò il globo per ben tre volte tra 1679 e il 1711, stando alle sue memorie, che col titolo di Un nuovo viaggio intorno al mondo divennero all'epoca un best seller. E come non ricordare lo scrittore americano Mark Twain, che raccontò del suo giro di conferenze intorno al mondo, affrontato nel 1895 per ripianare un enorme debito accumulato a causa di un investimento sbagliato, nel meraviglioso libro intitolato Seguendo l'equatore? Infine, come non citare quello che a oggi resta il più romantico dei viaggi intorno al mondo: il navigatore americano Joshua Slocum, tra il 1895 e il 1898, realizza sulla sua barca, lo Spray (assemblata da lui stesso), la prima circumnavigazione del globo in solitario, come racconterà due anni dopo nel suo intramontabile libro Solo, intorno al mondo.
Ma tra tutti è di quello di Darwin che vogliamo parlarvi, perché il suo viaggio è servito da modello per molti e i risultati scientifici scaturiti sono superiori a qualsiasi altro. Tanti i momenti memorabili. Partito da Devonport il 27 dicembre 1831, dopo aver attraversato l'Atlantico e superato lo Stretto di Magellano, Darwin si avventura a fondo nel continente americano, tra avversità di ogni tipo. Sbarcato nella baia di Valparaiso (Cile), mentre cavalca verso nord per raggiungere l'hacienda di Quintero, allo scopo di esaminare i grandi giacimenti di conchiglie che si trovano da quelle parti, si imbatte in qualcosa di straordinario. In lontananza, scorge un'enorme nube rossastra proveniente da est, che avanza verso di loro a gran velocità. La scambia per il fumo prodotto da un incendio. Quando è più vicino, però, si accorge che si tratta di uno sciame di locuste, diretto verso il mare, il quale avanza sospinto dal forte vento alla velocità di parecchie miglia orarie, occupando una vasta porzione di cielo, fin quasi a oscurarlo. Per non parlare del frastuono generato dal frullare di tutte quelle ali. La guida cerca di tranquillizzarlo. Ma poi consiglia di levarsi di lì in fretta. Per sottrarsi a quell'esercito sterminatore Darwin e compagni piegano verso sud e solo sul far della sera raggiungono incolumi la loro destinazione.
Una mattina poi, mentre si trova a bordo del Beagle (il brigantino su cui viaggia), una sorpresa lo attende al risveglio. La nave, che si trova alla fonda a dieci miglia dalla Baia di San Blas, è completamente invasa dalle farfalle. Altre volte gli è capitato di trovarsi attorniato da insetti, perciò sulle prime non si stupisce. Ma quando si rende conto delle dimensioni del fenomeno comincia a preoccuparsi. Facendo correre lo sguardo tutt'attorno, si accorge difatti che tutte quelle farfalle formano una distesa immensa. Anche scrutando con il cannocchiale non se ne vede la fine. Sembra quasi che nevichino farfalle. Da dove vengono?
Ben presto in Darwin subentra lo spirito del naturalista e si mette a catalogarle. Tanto più che in mezzo a quel turbinio vi sono pure parecchi imenotteri e coleotteri. Pare la materializzazione di una delle sette piaghe d'Egitto!
Va avanti così per tutto il giorno; e durante il pranzo capita di ritrovarsi le farfalle nei piatti. Verso sera, però, si alza una forte brezza da nord che libera la nave della loro presenza, sbatacchiandole qua e là e facendone strage.
Qualche tempo dopo, il Beagle viene letteralmente ricoperto di ragnatele, quasi imprigionato in un bozzolo. A bordo sono saliti migliaia di ragnetti rossi: e questo nonostante la nave si trovi a cinquanta miglia dalla costa. «La cosa più sorprendente» ricorda Darwin «era vederli correre sulla superficie del mare senza bagnarsi, fermandosi di tanto in tanto a trangugiare goccioline d'acqua con avidità». Il giorno dopo però il capitano FitzRoy ordina di riprendere il largo e i ragni, così come sono venuti, scompaiono.
Tra le tante avventure vissute da Darwin durante quel viaggio, forse però quella più singolare è il suo incontro nella Terra del Fuoco con alcune tribù di cannibali. Va ricordato che a bordo del Beagle c'è pure un nativo della Patagonia di nome Jemmy Button, il quale (a quanto dicono le fonti) è stato acquistato sei anni prima da FitzRoy per un bottone di madreperla. Il capitano lo ha condotto con sé in Inghilterra per educarlo alla religione e alle usanze inglesi. Tra gli scopi del viaggio vi è per l'appunto quello di riportarlo nella sua terra di origine.
Jemmy è un tipetto strano, simpatico ma iracondo, che passa tutto il tempo a guardarsi allo specchio. Indossa guanti bianchi e dà in escandescenza se gli capita d'impolverarsi le scarpe. Possiede una vista e un udito prodigiosi. E quando si arrabbia con l'ufficiale di guardia si diverte a provocarlo: «Vedo nave venire verso di noi, ma non dico dove».
Una volta giunti nella Terra del Fuoco, Darwin e compagni vengono avvicinati da una delegazione di Tekenika (la tribù di Jemmy). Jemmy li ha sentiti arrivare da una distanza fenomenale. Il suo incontro con la madre che non vede da anni è sconcertante: i due si fissano per qualche istante, poi lei torna a sorvegliare la canoa con cui sono giunti e i due non si parlano più. Per giunta, i fratelli di Jemmy cercano di appropriarsi di tutto ciò su cui posano gli occhi. Tenerli a bada non è facile.
Darwin e compagni si trattengono in quella baia per alcuni giorni e lui e il capitano FitzRoy compiono piacevoli escursioni sui monti, durante una delle quali abbattono un condor dall'apertura alare di tre metri. Poi una mattina notano che al villaggio donne e bambini sono spariti. La cosa li allarma. Temono di aver offeso i Tekenika in qualche modo. Nemmeno Jemmy sa spiegare il motivo di quella condotta. Una mattina un vecchio indigeno ha un alterco con un marinaio e gli fa capire a gesti che vorrebbe farlo a pezzi e mangiarlo. Sul volto del capitano FitzRoy cala un'ombra. «Sarà bene fare ritorno alla nave e levare le ancora prima che le cose si mettano male» dice. Ma prima che sia data esecuzione a quell'ordine centinaia di fuegini si ammassano intorno al campo, abbandonandosi al saccheggio e cercando di sfinire Darwin e compagni con un baccano incessante, battendo tra loro bastoni e pietre. Alcuni si avvicinano minacciosamente, mimando il gesto di voler strappare i peli e la pelle dal corpo degli stranieri per mangiarseli. Tra essi vi sono perfino i fratelli di Jemmy. Basta però qualche colpo di moschetto a respingerli. Quello stesso pomeriggio Darwin e compagni smontano il campo e ritornano prudentemente a bordo del Beagle, disponendo doppi turni di guardia; e alle prime luci dell'alba levano gli ormeggi e prendono il largo. L'unico cruccio è aver abbandonato Jemmy tra quella gente, tanto più che egli è stato derubato dai suoi stessi fratelli, e la cosa lo ha turbato. «Voi uomini cattivi» non smetteva di gridare. «Via! Via!». Probabilmente sarebbe stato lieto di fare ritorno sul Beagle, ma per orgoglio ha preferito tacere. Non è dato sapere che cosa gli sia capitato, ma di certo avrà saputo cavarsela.
Sia come sia, il 2 ottobre del 1836 Darwin completa il suo giro intorno al mondo, che ha toccato le remote terre oceaniche, con tappe a Capo Reinga, Sydney e Hobart, e sul far della sera è in vista delle coste inglesi, dove, una volta sbarcato a Falmouth, dice addio al Beagle, al capitano FitzRoy e ai compagni coi quali ha condiviso quell'avventura.
C'è tempo per un ultimo bilancio: «E ora, se permettete» scrive a conclusione del diario (vado a memoria), «trarrò le fila di quel lungo viaggio. Chi intende seguire le mie orme sappia che i vantaggi saranno di gran lunga superiori agli svantaggi, a patto naturalmente che siate dei naturalisti o che siate comunque guidati da qualche scopo scientifico o di altra natura pratica. Diversamente, la mia modesta opinione è che gli svantaggi superino i vantaggi. Certo, vedere paesi e popoli tanto diversi e così lontani è fonte di grande piacere; ma questo piacere non eguaglia i disagi e le difficoltà cui si va incontro. Chi si accinga a intraprendere un simile viaggio, sappia che dovrà sopportare molte rinunce: quasi tutte quelle a cui la civiltà ci ha abituato. Se poi soffrite il mal di mare è meglio che rinunciate subito. In caso contrario il mio suggerimento è il seguente: partire, partire subito, senza stare a pensarci troppo. Ogni secondo in più sarà un secondo sprecato. Tra le cose più belle che ricordo vi sono senz'altro lo spettacolo della foresta vergine, tanto quella amazzonica, dove predomina la forza dirompente della vita, quanto quella fuegina, dove morte e disfacimento la fanno da padroni. E poi le possenti vette andine. Ma soprattutto l'incontro con popolazioni selvagge. Non vi è nulla di più sconvolgente che incontrare popoli primitivi. Ed ecco infine alcuni ricordi che resteranno indelebili nel mio animo: la Croce del Sud, la Nebulosa di Magellano e le altre costellazioni dell'emisfero australe; i ghiacciai a strapiombo sul mare, gli atolli corallini, i vulcani in eruzione e i terremoti cui ho assistito. Tutto questo porto nel mio cuore.
Ma soprattutto la sensazione impareggiabile provata nel vivere all'aria aperta, nel dormire sotto le stelle, nel contatto con la nuda terra. Ora la mia mappa del mondo cessa di essere qualcosa di astratto per divenire tangibile. Una cosa viva, che mi apparterrà per sempre. Auguro qualcosa di simile a ciascuno di voi. Sinceramente vostro, Charles Darwin.
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