Nessuno ne sentiva nostalgia ma la più puntuale di tutti a presentarsi in passerella è stata la polemica. Spesso inutile. Talvolta tardiva (eccetto in questo appuntamento). Occasionalmente pretestuosa. Il festival di Cannes apre tra frecciate e musi di malcontento cui ha cercato di rispondere ieri il direttore artistico Thierry Fremaux.
Non era atteso, eppure il signor Metoo ha bruciato le tappe. Ed eccolo qui. Un'inchiesta di Mediapart pare voglia togliere il velo su intrighi nel retro set in cui sarebbero coinvolte decine di superstar tra attori e registi. La promessa - o la minaccia, chissà - è fissata per l'apertura ufficiale di oggi ma l'unica cosa certa è che nulla è stato confermato. Nulla è stato provato. Non ci sono denunce. Eccetto il dente avvelenato di Judith Godrèche, voce del «Moi aussì», versione francese dell'orgoglio femminile contro il maschio prevaricatore. Proprio lei, a 52 anni, tempo fa aveva denunciato di essere stata molestata da adolescente e ora ha raccolto testimonianze di molte colleghe che si sono unite alla protesta e al coming out.
Naturalmente il tasto dolente è stato toccato davanti a Thierry Fremaux che ha anticipato con molta pacatezza come «verrà proiettato un cortometraggio della stessa Godrèche, in programma alla cerimonia d'apertura della sezione cadetta Un certain regard e la prima serata del Cinema sur la plage. Include in poche sequenze la rabbia di molte attrici al centro di indesiderate attenzioni. Nulla sarà lasciato al caso ma per ora non c'è alcuna ufficialità di aggressioni o irregolarità».
E siccome Figaro diceva che la «calunnia è un venticello» meglio aspettare che arrivi il tornado con le carte in regola per uscire dalle passerelle e arrivare davanti ai giudici. Iris Knobloch, presidente del Festival e donna elegante, ha promesso che «nulla sarà ignorato se sarà accertato».
Fremaux ha dovuto rispondere a punture inattese. Ad esempio, qualcuno lamenta che Il seme del fico sacro del regista iraniano dissidente Mohammad Rasoulof sia stato programmato nella ultime serate del festival «quando la stampa se ne sarà andata». Il direttore ha liquidato l'accusa spostandola sotto il capitolo di «tecnicismi della macchina del festival». E ha aggiunto: «Ci occupiamo di opere d'arte non di sfilate su passerelle. Facciamo il festival per presentare film non attrici, attori o registi, per quanto graditi». La politica vuole la sua parte di primo piano e allora ecco l'intervento di un israeliano che reclama qualche film a rappresentare il suo popolo. Risposta lapidaria dello stesso Fremaux: «Non c'è nemmeno un'opera palestinese o di Hamas». Con aggiunta di cui vedasi sopra: «Ci occupiamo di opere d'arte».
E siccome la scena politica è insaziabile ci si è domandati se The Apprentice sul giovane Donald prima che diventi Trump sarà il volano verso la corsa alla Casa Bianca. «Trattasi di utopia» ha risposto Fremaux che di mestiere non fa lo spin doctor dello sfidante di Biden.
Al di là delle chiacchiere, finalmente, oggi si comincia. La cerimonia di apertura precede Le deuxième acte di Quentin Dupieux, fuori concorso. Un film che fa rima con un'altra opera francese recente e apprezzata, Yannick, sul teatro vissuto in presa diretta. Poi sorgeranno le stelle. Meryl Streep riceverà la palma d'oro d'onore, già consegnata in passato a Michel Douglas, Jodie Foster, Forest Whitaker e via elencando.
Quindi toccherà agli sfidanti. Al pluripremiato - in anni lontani - Francis Ford Coppola con Megalopolis, Yorgos Lanthimos - sulla Croisette con Emma Stone - per Kinds of kindness e Paolo Sorrentino con Parthenope, omaggio alla sua Napoli attraverso la vicenda di una donna, con quel nome di origini greche e latine.
Tra gli ospiti anche Valeria Golino e il regista di Star wars George Lucas, entrambi negli ultimi
giorni. Tra le novità la prima edizione di una sezione immersiva di realtà virtuale con 14 opere in proiezione.Se la polemica arriva con le stampelle il futuro è già qui. E pure la fiaccola olimpica in viaggio verso Parigi.
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