Il fidanzato di Chiara, 10 ore sotto torchio

Alberto è stato interrogato da pm e carabinieri per ore: "Sto male fisicamente". I risultati degli esami del Ris sul capello trovato nelle mani di Chiara tra una settimana. Trovate piccole macchie di sangue a casa dell’indagato

Il fidanzato di Chiara, 10 ore sotto torchio
Garlasco (Pavia) - «Sto male, sto male fisicamente». E con l’interrogatorio di ieri sono quasi 50 ore. Cinquanta ore prima da testimone poi da indagato, durante le quali Alberto Stasi non ha cambiato versione: «Con l’omicidio di Chiara io non c’entro per niente». Ultimo «round» ieri dalle 14 alle 22 in Procura a Vigevano. Un interrogatorio terminato ancora una volta con una sorta di nulla di fatto: «Abbiamo fornito tutti i chiarimenti richiesti» ha detto l’avvocato Giovanni Lucido, che assiste il giovane.

È trascorso anche l’undicesimo giorno, senza che gli investigatori siano riusciti a venire a capo del giallo di Garlasco. Tra i reperti spunta un capello, magari dell’assassino, che Chiara stringeva tra le mani. E piccole macchie di sangue trovate a casa dell’indagato. Il resto è buio. Un giallo iniziato lunedì 13 agosto poco prima delle 14, quando Stasi ha suonato alla porta di casa Poggi in via Pascoli 8. Alberto e Chiara hanno passato la sera prima insieme. La mattina dopo Alberto si alza come al solito e manda un messaggio alla ragazza. Lei non risponde. Poi la chiama, lei ancora non risponde. Si preoccupa, va a casa sua. Suona, ancora silenzio. Decide di entrare, in casa c’è sangue dappertutto. Guidato dalle macchie di sangue apre la porta della cantina e trova la ragazza. Morta, distesa bocconi sulle scale, la testa rotta da quattro colpi di un pesante oggetto.

Esce di corsa, va dai carabinieri, che subito si insospettiscono per un paio di particolari: nonostante la mattanza, lui non ha tracce di sangue su scarpe e abiti. Poi una grossa incongruenza: «Chiara aveva il volto pallido, terreo». Sbagliato! Era coperto di sangue. I carabinieri sentono mezzo paese, pensano che la ragazza deve per forza avere aperto a una persona conosciuta: era in pigiama, mai avrebbe risposto a un estraneo. Non trovano un movente esterno alla stretta cerchia di amicizie: un amante segreto per esempio o uno spasimante respinto. Alla fine si ritrovano con la necessità di effettuare alcuni «atti irripetibili» e Alberto lunedì finisce sull’elenco degli indagati.

Alle 12.15 gli investigatori gli consegnano l’avviso di garanzia e gli rovesciano casa. Portano via computer, alari da camino, una cassetta degli attrezzi più tre auto e due bici che potrebbero essere servite per fare il percorso tra le due case la mattina del delitto. Entrano in scena anche i Ris, che effettuano una serie di prelievi a casa Poggi e Stasi: in particolare negli scarichi dei bagni, nella speranza l’assassino si sia lavato e abbia lasciato tracce interessanti. E poi tutto il materiale trovato attorno al corpo della vittima, come il capello che Chiara stringeva ancora in mano. Gli inquirenti sperano sia dell’assassino: se fosse vero, non avrebbe scampo.

Intanto perde credito la pista del martello come arma del delitto: le ferite sulla vittima non sono compatibili con quell’attrezzo. Ora si ipotizza che l’assassino possa aver avuto un complice. O che una seconda persona possa essere entrata nell’appartamento dopo il delitto.

Nei giorni scorsi un po’ tutti i protagonisti della vicenda, i familiari di

Chiara, le cugine, lo stesso Alberto, si sono volontariamente sottoposti al prelievo del Dna e delle impronte digitali. Ma i Ris quasi sicuramente prima della settimana prossima non riusciranno a fornire risposte certe.

Infine, ieri mattina, verso mezzogiorno, Alberto Stasi, accompagnato dai genitori e dall’avvocato, si è presentato alla compagnia dei carabinieri di Vigevano per rendere dichiarazioni spontanee. È entrato pallido in volto, ha solo mormorato: «Sto male, sto male fisicamente. Non mi rendo conto di cosa sia successo». Dai militari è rimasto un paio d’ore, quindi tutti si sono spostati in Procura a Vigevano dove è iniziato l’ultimo, estenuante interrogatorio. Il giallo di Garlasco appare ancora lontano da una soluzione.
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