Il filobus compie 75 anni e si rinnova

Gli autisti lo rimpiangono pure se per disappannare il parabrezza occorreva “olio di gomito” e straccio. Ancora hanno nostalgia dell’indimenticabile «Signori per cortesia scendere e spingere» con i passeggeri che lo facevano per non arrivare tardi al lavoro. E, pure, ricordano il sedile di guida rigido che appiattiva il posteriore e gli faceva venire il mal di schiena. Memorie del filobus che con le sue aste si divincolava tra Dergano e piazzale Lodi. Filobus che c’è ancora, anche se col motore elettrico a impatto zero che recuperando l’energia generata durante la frenata permette di ricaricare le batterie. In mezzo ci sono Milano e la guerra, il boom e la tv in bianco e nero, il Sessantotto e il Settantasette e, poi, quel che sapete giù fino a oggi.
Passato targato Atm per non dimenticare come eravamo e chiosa il presidente Elio Catania per «guardare senza paura al rinnovamento e al proseguimento della grande tradizione dell’azienda di foro Bonaparte». Come dire: «Il filobus rappresenta la storia della città di Milano, con la sua evoluzione tecnologica e sociale. E dopo settantacinque anni incarna ancora un’icona del trasporto pubblico milanese».
Sì, il filobus è da 75 anni concorrente al tram: già, è il tram “con le bretelle” che - dopo il primo esperimento del ’33 sulla tratta Dergano-piazzale Loreto - entra in servizio sulla circolare esterna, da Loreto sino a Susa e poi, nel ’37, ancora più in là, con capolinea a piazzale Lodi.
Insomma, il filobus copre la cosiddetta circolare esterna e, raccontano le cronache, diviene la linea a «più intenso traffico» di Milano o, meglio, fu il filobus la «risposta alla crescente domanda di trasporto pubblico, generata dal notevole flusso immigratorio verso la Milano degli anni Trenta». E, sorpresa, lo resta ancora oggi sempre mantenendo come rimessaggio il deposito Atm di viale Molise: «Impianto industriale che abbiamo trasformato in una location unica per gli appassionati di una tecnologia di trasporto alla quale, la congiuntura economica e l’esigenza di mobilità sostenibile, stanno facendo vivere una seconda giovinezza» aggiunge Catania.
Lo testimonia, infatti, il “verde” Van Hool, l’ultimo filobus made in Atm, che porta con sé superbatterie per andare dove il filo non c’è e supercapacitori per consumare meno energia possibile.

Ma anche la generazione dei mezzi dal ’33 - esposti nella sede Atm di viale Molise - consentono di guardare ad un passato sempre al passo coi tempi: dal Fiat 488 CGE a due assi con avviamento elettropneumatico al Fiat 2472 Viberti, snodato 18 metri, che gli autisti guidavano, dicono, con orgoglio da «filoguidatore».

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