Le 60 banche più grandi al mondo hanno un'esposizione di circa 1,35 trilioni di dollari ad asset legati ai combustibili fossili, principale fattore di accelerazione del cambiamento climatico e principale target delle politiche di disinvestimento perseguito dai sostenitori della svolta green fondata sui parametri Esg. Lo riporta il più recente rapporto di Finance Watch, l'Ong paneuropea che promuove una finanza al servizio della società
Per accelerare la transizione molti asset legati ai questi combustibili dovranno essere abbandonati prima che termini la loro vita economica nel percorso di transizione verso un'economia sostenibile. Questo, a detta di Finance Watch, non solo per ragioni ambientali ma anche per pragmatismo: per molte banche si imporranno in futuro, qualora tale scelta fosse rimandata, manovre di svalutazione degli asset in questione.
Il rapporto A safer transition for fossil banking mostra le conseguenze di quanto da tempo le autorità di vigilanza bancaria hanno sottolineato ed esplicita i crescenti rischi per la stabilità finanziaria derivanti dai cambiamenti climatici e avvertono di possibili perdite devastanti derivanti da una transizione disordinata e non programmata.
In altre parole, spiega il documento, le attività delle banche nei settori maggiormente esposti si svaluteranno, trasformandosi in attivi non recuperabili, i cosiddetti "stranded asset" e gli istituti che li hanno finanziati subiranno delle perdite. Parimenti, i crediti verso tali settori saranno sempre più deteriorati. E questo vale per tutti gli istituti inclusi nello studio, che per essere rappresentativo del sistema bancario globale ed europeo, ha incluso le 60 più grandi banche nel mondo, comprese le 28 banche considerate di importanza sistemica a livello globale livello e le 22 maggiori banche dell'UE per attività. Le banche incluse hanno un bilancio combinato, stando ai dati di fine 2021, di 92.264,8 miliardi di dollari e rappresentano più della metà delle attività bancarie su scala mondiale, e oltre il 70% delle attività bancarie consolidate individuate dalla Banca per i regolamenti internazionali (che esclude la Cina),
Se si aggiungono a queste perdite finanziarie i danni cagionati dagli eventi catastrofici indotti dal cambiamento climatico, la conseguente destabilizzazione dell'intero sistema finanziario potrebbe sfociare in un'altra crisi finanziaria. "Poiché i rischi finanziari legati al clima crescono proporzionalmente al tempo di inazione, se in futuro dovessero concretizzarsi in modo improvviso darebbero luogo a una sorta di effetto Lehman climatico", ha commentato Benoît Lallemand, segretario generale di Finance Watch.
In questa fase, del resto, tra crisi energetica e incertezze legate all'inflazione un'altra "bomba" potenziale è rappresentata dagli interventi necessari per tamponare i problemi delle aziende clienti del settore energetico. La scelta della Germania di nazionalizzare Uniper e quella della Francia di far lo stesso con Edf segnalano la volontà di ovviare a fallimenti del mercato privato che avrebbero condizionato a cascata anche la finanza.
Stando ai dati contenuti nel documento, per evitare tutto questo alle 60 banche servirebbe iniettare una quota di capitale supplementare compresa tra 157 e 210,2 miliardi di dollari. Una cifra che appare colossale, ma che vista l'imponenza del sistema finanziario odierno non rappresenta un ostacolo insormontabile, dato che si tratterebbe di un importo mediamente equivalente a un solo trimestre di utili non distribuiti del 2021 delle sessanta banche considerate, che spalmato su un orizzonte pluriennale non imporrebbe sacrifici eccessivi. In termini percentuali, sul totale della patrimonializzazione odierna, l'aumento medio di capitale sarebbe per le banche analizzate compreso tra il 2,44% e il 3,27% del capitale esistente. Il fatto che Finance Watch chiede che l'aumento di capitale venga finanziato mediante gli utili non distribuiti in un arco di tempo relativamente limitato è propredeutico a rendere le banche protagoniste anche della fase più impetuosa della transizione energetica, in cui le perdite da combustibili fossili destinate a materializzarsi in futuro dovranno essere riassorbite mediante la diversificazione del portafoglio.
E di fronte alla prospettiva, sottolineata dall'Università di Oxford in un recente studio, di risparmi a livello globale per 12mila miliardi di dollari con la transizione, anche le banche dovranno iniziare a promuovere la svolta in maniera strutturata e
sistemica. Per non morire d'ignavia qualora le perdite in portafoglio dovessero materializzarsi improvvisamente. E per preservarsi come polmone della crescita e del credito alle imprese anche nel mondo nuovo della transizione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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