Finiani sotto choc, parte la caccia ai traditori

Tra perplessi e molto scontenti sarebbero almeno quattro i deputati che non hanno seguito gli ordini di scuderia

Finiani sotto choc, parte la caccia ai traditori

Roma - Due «molto perplessi» all’inizio, quando il capogruppo Italo Bocchino riunisce i deputati finiani per dare la linea: «Abbiamo deciso, votiamo sì all’uso delle intercettazioni». Tre, forse quattro molto dissidenti alla fine, quando si tirano le somme e si scopre che il colpo è fallito: 308 contro 285, la maggioranza vince, Fli non risulta determinante, il gip di Napoli non potrà utilizzare i nastri con la voce di Nicola Cosentino, ex sottosegretario e attuale coordinatore del Pdl campano.

Caccia ai futuristi che non hanno rispettato l’ordine di scuderia. C’è chi ripensa alle parole di Silvano Moffa, solo 24 ore prima: «Fli affosserà Cosentino? Granata parla a titolo personale». C’è chi si chiede come ha votato Nino Lo Presti: se da relatore della giunta delle Autorizzazioni aveva messo la sua firma sulla proposta di negare le trascrizioni delle telefonate, come può adesso smentire se stesso? E c’è chi ricorda una dichiarazione di Souad Sbai, che assicurava che, sul caso Cosentino, non si sarebbe mai schierata contro la maggioranza.

Ipotesi, voci, sospetti. Bocchino cerca comunque di chiudere la falla che, alla prima navigazione, si è aperta nel vascello del presidente della Camera: «I franchi tiratori? Quelli per loro natura possono trovarsi dovunque, ma io ritengo che stavolta siano stati soprattutto nel centrosinistra». Aggiunge il vicecapogruppo, Benedetto Della Vedova: «I parlamentari di Futuro e libertà erano tutti presenti, non ho ragione di ritenere che qualcuno abbia votato in modo diverso dalle indicazioni».

Dopo i mal di pancia della vigilia, ecco le ferite da smaltire dopo la prima sconfitta. Bocchino non vuole sentire parlare di autogol: «Una scelta suicida? Macché. Noi di Futuro e libertà siamo stati coerenti e abbiamo ribadito la posizione legalitaria che ci appartiene. L’autorete l’ha fatta il Pdl, che si è dovuto affidare al voto segreto e ai franchi tiratori per arrivare a 308 e salvarsi». Quindi, insiste, «si è dimostrato che senza di noi il governo non ha la maggioranza, perché con il voto palese sarebbe andato sotto ».
E Dalla Vedova sostiene che «lo scrutinio segreto è fatto apposta per attirare voti dall’opposizione, infatti ce ne sono stati quindici-venti, anche dal Pd». Quanto alla stabilità del governo, la butta sull’ironia: «Sono dovuti ricorrere ai franchi tiratori di democristiana memoria per toccare quota 308. Maggioranza salda a 308 con voto segreto? Auguri».

Però attenzione, dicono, il Fli resta fedele. «Noi - promette Dalla Vedova - ci sentiamo vincolati dal patto stipulato con gli elettori nel 2008. Il nostro sostegno convinto al governo Berlusconi e all’attuazione del programma non è mai stato in discussione né lo sarà fino alla scadenza della legislatura». Perché allora smarcarsi? «Il vincolo di maggioranza stavolta non c’entra. Il voto era a favore dell’uso delle intercettazioni, non contro l’esecutivo».
Aggiunge Fabio Granata: «Il voto non era motivato da solidarietà o ostilità politica nei confronti di un collega. Il nostro garantismo non è in discussione, ma non lo è nemmeno la tutela del diritto di indagare».

Questa è la linea e se il rapporto con il Pdl va in pezzi, pazienza: «È aumentato il solco? - dice ancora Granata, che forse andrà all’Idv - La differenza sui temi della giustizia c’è. È uno dei motivi per cui abbiamo creato un altro gruppo». M.Sc.

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