Specializzata in phishing telematico, ha a proprio carico una sfilza di procedimenti penali pendenti. Ma anche adesso che è finita ai domiciliari dopo una condanna a dieci mesi per truffa aggravata emessa dal Tribunale di Milano, chi la conosce è pronto a giurare che non abbia fatto un plissé, continuando a gingillarsi tra gioielli, abiti e costumi griffati, cosmetici, profumi, bigiotteria, ricariche telefoniche e programmi di viaggi esotici per quando sarà libera. Tutti beni acquistati con il denaro «rubato» online a ignari risparmiatori che, caduti nella trappola di questa donna oggi 31enne, si sono visti addebitare sul conto corrente cifre per spese mai effettuate.
La hacker brianzola ma residente a Giussano (Monza) rintracciata dalla compagnia di Seregno - e che per ora ha ricevuto un ordine di esecuzione pena solo per i reati che ha commesso nel 2014 - da quando era poco più che maggiorenne ha speso infatti cifre folli grazie ai suoi raggiri, accumulando un bottino complessivo che sfiora i duecentomila euro.
Dopo essersi spacciata infatti per un ente affidabile, ad esempio una banca, la donna mandava una mail (phishing è una variante della parola «fishing», in inglese «pescare») in tutto e per tutto uguale, sia come grafica che come contenuti, alla missiva partita da un istituto di credito.
Chi abbocca al phishing, risponde alle mail-esca inviando informazioni personali al truffatore che crede la propria banca, ovvero numeri di carte di credito e pagamento complete di «cvc», il codice di verifica che di solito si trova nel retro. Le sue vittime sono perlopiù lombardi, piemontesi e veneti.
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