Flachi: «Colpa del contratto e del n. 100 che non arriva»

Flachi: «Colpa del contratto e del n. 100 che non arriva»

Emmanuele Gerboni

Cerchi di portarlo proprio lì, lui si gira, fa un paio di finte, ti becchi pure un “tunnel”, rimani a bocca aperta e Francesco Flachi se ne va palla al piede quando pensavi di aver indovinato la tattica. Perché le domande erano proprio quelle, pressing alto, provi a portargli via il pallone (pardon, la risposta): il gol centenario che non arriva e il rinnovo del contratto che arriverà (probabilmente molto presto) ma non c’è ancora. E Flachi che fa? Quello che gli riesce meglio, cioè un colpo di bacchetta di magica. Poteva dire novecentonovantanove cose, ha scelto la numero mille, la più difficile da confessare. Ma lui dice proprio quello: «Il pensiero dei 100 gol e la questione del contratto mi hanno un pochino distratto, e questo ha fatto male al sottoscritto e anche alla Samp: mi sono cullato su queste due cose, che mi hanno fatto perdere un pizzico di tranquillità».
Beata sincerità, applausi per l’onestà. Perché Flachi racconta quello che gli altri non avrebbero detto nemmeno sotto tortura, lui, invece, ti parla chiaramente. E lo fa anche dopo, quando la chiacchierata sbatte su quel piccolo record di espulsioni (tre) che lo avevano dipinto come l’uomo in rosso: «Ho fatto undici gol, nascosti però dai quei cartellini. Sono state situazioni diverse: nell’ultimo episodio, ad esempio, l’arbitro ha interpretato male il mio atteggiamento, ma ci può stare perché sbagliamo noi attaccanti e può capitare anche a loro: comunque non protesterò più. Mi è dispiaciuto aver lasciato la squadra in dieci in quelle occasioni, adesso sarebbe troppo facile chiedere scusa a parole: devo farlo in campo, ho undici partite per scusarmi con la società, l’allenatore e i compagni. In questa stagione tra espulsioni e squalifiche ho giocato pochissimo, non vedo l’ora di scendere in campo. Quando si tocca il fondo, bisogna rialzare la testa: spero di farlo anche questa volta».
E sarebbe il massimo iniziare già domani sera, quando ci sarà la Juve. Sogna due trofei, da chiedere e togliere a Buffon. Vorrebbe la maglia del numero uno dei numero uno («è un mio grande amico»), e vorrebbe anche dirgli: Gigi, non prendertela perché quel gol è stato perfetto. Una rete alla Vecchia Signora, da celebrare con una maglietta speciale, e già che ci siamo perché non scopriamo quel segreto? «Hanno una grande continuità, è una qualità unica, bisognerebbe imparare. Affrontiamo una delle squadre più forti d’Europa, ma disputare una grande partita ci darebbe tantissimo entusiasmo per queste undici partite che mancano alla fine del campionato». Che non è mica finito, può svoltare, Flachi ci crede. La Coppa Uefa? «Vogliamo ritornarci, perché ci ha fatto molto male l’eliminazione in Francia, soprattutto per il modo in cui è arrivata. Anche il settimo posto può servire, bisogna crederci e dobbiamo sfruttare ogni possibilità: non è giusto cercare il colpevole. È un’annata così, dove abbiamo fatto qualche errore, figlio della poca esperienza ma ci saranno utili per il futuro: abbiamo pagato anche il fatto di aver giocato spesso ogni tre giorni».
Flachi e la Juve, tutto può scattare in quei novanta minuti. Una scintilla, un gol, la festa. E non stiamo parlando di qualcosa d’incredibile.

Perché la Samp quando ha incrociato la spada con le grandi ha sempre fatto male: «Lo abbiamo dimostrato, ad esempio, con Milan e Fiorentina: se siamo concentrati, possiamo giocarcela con tutti». Pure con la Juve. E c'è Flachi che fa, di nuovo, un paio di finte, dribbling secco, palla al piede. Questa volta a bocca aperta potrebbe rimanerci Buffon.

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