G iuro che non mi sono cercato da solo. Mi spiego meglio: giuro che non sono stato io a mettere il mio nome e a premere «cerca» sul nuovo sito online e gratuito che permette di attingere all’Enciclopedia degli italiani, nuova iniziativa, lanciata in occasione del centocinquantenario, dalla Treccani, secolare istituzione enciclopedica nazionale.
La colpa è di un’altra persona, che, perfidamente, si è messa a vedere cosa sarebbe uscito fuori scrivendo «Giuseppe De Filippi» e affidandosi alla ricerca Treccani. Passano pochi minuti e mi manda un sms con tono indignato per dire che mancavano nomi di italiani e italiane a suo dire meritevoli di menzione e invece, a sorpresa, di nome c’era il mio, con relativa piccola biografia. Ho un fremito di felicità. Non solo per la soddisfazione di sapere che nelle austere stanze dell’Enciclopedia italiana avevano faticato (ma perché non farmi una telefonata e risolvere tutto in 3 minuti?) su chissà quali fonti per ricostruire e raccontare la mia vita. No, non c’era solo legittimo orgoglio. C’era, più forte ancora, la certezza di essere ripagato dopo anni di calunnie. Io, con le mie poche forze, avevo rinunciato a combattere, ma ora ci avevano pensato gli esperti della Treccani, finalmente.
Il torto cui mi riferisco viene perpetrato da anni e (come si applica il concetto di tempo reale al passato?) continuamente da Wikipedia. Non so per quale ragione si sono occupati di me. Però lo hanno fatto e mi hanno dedicato una nota biografica. Nella vita non ho combinato chissà quali cose complicate o misteriose, in più tutta la biografia era fatta di poche righe: la possibilità di errori si dovrebbe ridurre al minimo. E invece ci sono più sbagli che parole.
Ma, appunto, ecco ora i rigorosi biografi della Treccani, chini sulle carte e pronti a ristabilire la verità. Apro il sito, vedo l’amministratore delegato dell’Istituzione Franco Tatò che mi sorride sicuro, vedo il presidente Giuliano Amato con uno sguardo sereno e profondo, scrivo «Giuseppe De Filippi» e mi ritrovo dove? Su Wikipedia.
Penso a un contatto (come si applica l’antico concetto telefonico di contatto a internet?). Riprovo. E finisco di nuovo su Wikipedia. E quindi mi tocca rileggere che io avrei cominciato a fare il giornalista nel 1987 collaborando al Foglio, che però sarebbe nato 10 anni dopo… e anche ad Avvenire e Milano Finanza «affrontando temi di economia e di linguaggio della comunicazione». Ma come scrivete su Wikipedia? E poi cos’è il linguaggio della comunicazione? Io non lo so (figuriamoci se posso affrontarlo…). Una riga sotto scopro che «in Rai (De Filippi) curò il settimanale Epoca, storico programma radiofonico che parla di comunicazione ed eventi importanti». Be', grazie per gli eventi importanti (mi sarebbe dispiaciuto occuparmi di eventi da nulla), ma quando mai è esistito in Rai lo storico settimanale Epoca? E quando mai io ho lavorato in Rai? E poi che è sta fissazione della comunicazione?
Un’altra riga e c'è una cosa parzialmente vera: mi è capitato di insegnare alla Scuola superiore della Pubblica Amministrazione.
Tanto per dire però su Wikipedia c’è scritto che ho lavorato nella sede di Caserra (sic): ma non lo avete un correttore automatico che vi scrive Caserta? Ma il colpo basso è alla riga successiva: «dal 2000 al 2004 divenne docente di teoria e tecnica dei nuovi media presso l’Università di Palermo». Ecco questo non lo perdono. A me docente di teoria e tecnica dei nuovi media non lo ha mai detto nessuno. Se sapessi con chi prendermela querelerei subito. Una cosina semi-vera e poi subito un errore: «lavora a Mediaset dal 2000». Ma no, ragazzi, era solo da 8 anni prima che ero al Tg5. Ho provato a correggere, attraverso la meravigliosa partecipazione democratica del popolo di Wikipedia, ma non c’è stato verso. Qualche minuto e tornava la versione precedente, compresa l’odiosa «teoria e tecnica». Ma, appunto, alle delusioni non c’è mai limite e anche la fiammella di speranza che avevo affidato alla Treccani si è spenta.
A consolarmi è stata una scoperta successiva. Il rimando a Wikipedia non è stato occasionale e limitato al mio caso.
È proprio voluto! Nasce dalla brillante strategia dei capi dell’Enciclopedia italiana. Tatò al Corriere della Sera: «Non c’è alcun duello (con altre fonti di informazione online), noi stessi ospitiamo voci di Wikipedia laddove non arriviamo perché non possiamo proporre proprio tutto». Ma tranquilli scrive ancora il Corriere: «all’Enciclopedia assicurano che verrà garantito una sorta di presidio della qualità per preservare il marchio nonostante la gran mole di dati online». Ecco, «una sorta». Lasciatevelo dire da un docente di teoria e tecnica dei nuovi media all'Università di Palermo: se sotto al vostro marchio e attraverso il vostro portale fate passare qualunque stupidaggine la figura degli stupidi la fate voi.
Ma non mi bastano i nuovi media, io voglio candidarmi anche alla cattedra di Marketing dell’Università di Palermo e perciò provo a buttar lì un consiglio. Visto che il 99% di chi non compra l’Enciclopedia e non la usa come portale gratuito lo fa perché passa direttamente da Wikipedia non è geniale fare arrivare nel Wiki-mondo anche quei pochissimi che passano attraverso il vostro storico marchio. Va bene la libertà del web ma il sito del Corriere non rimanda a Repubblica.
Non mi fermo più, voglio anche la cattedra di Storia contemporanea all’università di Palermo. E quindi mi metto a studiare usando il vostro sito. Provo a caso, con «foibe» e con eccidio di «Porzûs». Un click e dove sono? Su Wikipedia.
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