Fmi: anche in Europa gli stress test di Bernanke

Le previsioni per l’Europa del Fondo monetario internazionale non sono ottimistiche: il rapporto presentato ieri parla di «recessione grave, che potrebbe durare fino all’inizio del 2010». I numeri sono pesanti, e confermano il precedente «outlook» di aprile: per le economie europee avanzate le stime del Fmi sono di un Pil 2009 in calo del 4%, e del 4,9% per le economie emergenti. Per l’Italia è confermata una contrazione del 4,4% quest’anno e dello 0,4% l’anno prossimo, grazie all’inversione di tendenza che dovrebbe maturare nella prima metà dell’anno.
La «profonda recessione» europea si è creata «in seguito al crollo della fiducia e della domanda mondiale», ed è presente il rischio che «il rallentamento si amplifichi ancora sotto l’effetto dell’interazione negativa fra il sistema finanziario e l’economia reale». Comunque - continua il Fmi - «è probabile che il rallentamento si prolunghi fino all’inizio del 2010». E sollecita ulteriori azioni dei governi nel settore finanziario per restituire fiducia al sistema: è necessario che le perdite delle istituzioni creditizie siano conosciute in modo credibile. Per questo il direttore europeo del Fmi, Marek Belka, ha invitato l’Europa a una «pulizia di primavera», con «stress test regolari» sul modello di quelli Usa. Qui la Fed ha invitato 10 delle 19 principali banche a raccogliere 185 miliardi di dollari freschi; ieri Ben Bernanke, numero uno della Fed, ha difeso la serietà dei test e ha spiegato che parte dei fondi sono già stati raccolti; mancano «solo» 75 miliardi. Fonti Ue hanno indicato per settembre il periodo in cui il settore bancario continentale sarà sottoposto a verifica.
Wall Street ieri ha subito la debolezza proprio del settore bancario, dovuta alla serie di aumenti di capitale programmati dopo i test: in caduta, in particolare, Bank of America e JP Morgan. Il Dow Jones è stato, peraltro, sorretto dai titoli energetici, stimolati dalla ripresa del prezzo del petrolio, che ieri si è riportato a quota 60 dollari al barile, cifra che non vedeva da novembre e superiore dell’88% ai minimi di gennaio. Esangui anche le Borse europee, tutte in calo (dal meno 0,22% di Londra al meno 1,79% di Stoccolma), con una sola eccezione: Milano, che ha messo a segno un pregevole più 0,68%.

«È logico che le Borse abbiano andamenti discontinui - commenta Mario Spreafico, direttore investimenti di Citi - e nascondono un rischio: buona parte degli operatori ragiona ancora con i parametri di crescita degli ultimi dieci anni, oggi invece la ripresa avrà caratteristiche diverse e più lente, non si sa nemmeno in quali settori. Sicuramente non in quelli, soprattutto finanziari, che avevano generato il precedente sviluppo».

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