Spolverate il tavolo quadrato di legno scuro e acquistate pure un bel mazzo di carte nuovo di zecca per fare una rilassante partita a “tressette“: presto ce ne sarà bisogno dalle parti di Foggia. I posti sono già assegnati, secondo lo schema tradizionale: uno spetta al boemo silenzioso, Zdenek Zeman, spalle alle finestre in modo da lasciargli libertà assoluta di fumare, l’altro al suo ds preferito, Peppino Pavone che gli parla in dialetto pugliese convinto di farsi capire al volo, gli altri due possono accogliere un vecchio sodale della piccola compagnia, Franco Altamura e uno dei rari collaboratori del boemo.
Non dimenticate di togliete la ruggine dai cancelli del mitico “Zaccheria“, rimasto semideserto negli ultimi tempi, e spalancate le porte al popolo in amore che passò un tempo non molto lontano, primi anni novanta, infilato dentro la grande giostra di “zemanlandia“. A Foggia, città simbolo del sud, dove tutto si spegne e diventa nostalgia canaglia, sta per tornare l’allegra compagnia che riportò alla ribalta quel pezzo di Puglia compreso tra le coste luccicanti del Gargano e le immense distese di grano soppiantato adesso da una sequenza oscena di pale eoliche.
Sono tre i simpatici moschettieri e non si sono mai persi di vista. Anzi, alla prima occasione hanno anche ricostruito l’era leggendaria fatta di trionfi calcistici e di intuizioni felici, attraverso un film diventato un prezioso cimelio collettivo. Pasquale Casillo, l’ex patron, origini napoletane, Peppino Pavone e Zdenek Zeman stanno per ricomporre il collaudato trio nella città che fece da trampolino di lancio alle rispettive fortune. Ora che il calcio, anche da quelle parti, è entrato in crisi, don Pasquale si è rifatto sotto e il cuore della città ha ripreso a battere forte per l’emozione.
Non c’è nessun Gerovital che funzioni come il ricordo di imprese calcistiche e che sia capace di ridestare entusiasmi sopiti in una città ripiegata su se stessa. Ai bei tempi, andare allo stadio, la domenica pomeriggio, era come entrare in un luna park. Il divertimento era garantito e per una volta erano sufficienti lo spettacolo pirotecnico, l’attrazione di media e tv incuriositi dal fenomeno e la possibilità di mettere sotto squadroni dal nome altisonante. Solo quello spietato di Fabio Capello, col suo Milan dei record, riuscì a infliggere a Zeman un sonoro cappotto, un 8 a 2: lo ricordano come il tradimento di qualche infedele discepolo, invece che come un disonorevole snodo.
C’erano le uscite spericolate di un portiere più abile con i piedi che con le mani, Franco Mancini, da ammirare; oppure i triangoli disegnati sul prato verde dal trio Rambaudi-Baiano-Signori da applaudire, o ancora le corse frenetiche di Igor Shalimov da prendere a modello. Durò qualche anno quel divertimento, poi come ogni favola che si rispetti, venne il giorno in cui la carrozza di cristallo tornò zucca. Casillo fu risucchiato da un processo lungo 13 anni (con assoluzione finale), Zeman fu sedotto da Roma, Signori divenne l’eroe della curva laziale, Shalimov si trasferì a Milano, l’Inter di Pellegrini il domicilio, e senza la cura Zeman s’imborghesì a tal punto da segnalarsi per i soldi spesi alla prima della Scala. Tutti e tre sono pronti a rimettersi al lavoro, a ricominciare da dove prese spunto la storia autentica di zemanlandia.
«Per me e Zdenek, la serie non è un problema» la spiegazione di Pavone. Foggia oggi vuol dire serie C, è senza un euro, a rischio pure l’iscrizione ma basta che quei tre strizzino l’occhio e rivedrete la carrozza di cristallo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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