«Una follia trasformare le medicine in beni di consumo al supermarket»

«Far uscire i medicinali dalle farmacie per venderli nei supermercati è un’aberrazione: dietro la scusa dell’abbattimento dei costi si rischia di non tutelare più né la categoria interessata, né i cittadini. Nei supermercati non c’è etica, si cerca solo di vendere articoli di alto consumo, mentre il farmacista consiglia e dispensa le medicine solo in caso di necessità». A Fabio De Lillo, consigliere comunale di Forza Italia, membro della segreteria di presidenza del Comune di Roma e soprattutto farmacista, il decreto Bersani non è mai piaciuto. «I medicinali non sono beni di largo consumo - spiega - ma devono essere somministrati solo in caso di bisogno. Il supermercato trasforma i pazienti in consumatori che in quest’ottica vengono spinti ad acquistare sempre più magari con offerte promozionali che possono essere pericolose».
Ma nei supermercati si potranno acquistare solo le medicine da banco...
«Certo, ma la medicina da banco, come tutte quelle usate in modo smisurato, può portare il paziente all’assuefazione. Chi abusa del Moment per curare il mal di testa, alla fine dovrà triplicare le dosi per ottenere risultati soddisfacenti, così come vuole il supermercato: e allora bisognerà assumere un farmaco più importante a carico del sistema sanitario nazionale e così la spesa pubblica aumenterà».
Però prima del decreto Bersani il farmacista laureato non titolare comunque si doveva rassegnare a fare il dipendente per tutta la vita in una farmacia...
«Non è così. Il farmacista laureato riesce a trovare subito occupazione. Potrei citare centinaia di casi di farmacisti che da semplici collaboratori sono diventati poi direttori e in molti poi hanno acquistato la farmacia, anche assieme ad altri colleghi dipendenti. Il decreto Bersani, invece, mortifica la professionalità del farmacista che dopo aver studiato per almeno cinque anni all’università, è ridotto a lavorare in un supermercato. È come se un avvocato o un dentista esercitasse dietro a un banco del supermercato. E molte farmacie di periferia, situate in zone meno commerciali, finiranno per chiudere, licenzieranno il personale, quindi si perderanno posti di lavoro».
Ma la politica di Forza Italia non dovrebbe essere a favore della liberalizzazione?
«E infatti non si tratta di vera liberalizzazione. Il decreto Bersani fa uscire i farmaci dalle farmacie, ma impone la presenza del farmacista anche nei supermercati che solo la grande distribuzione si può permettere. E favorisce la lobby delle cooperative rosse. Non si tratta di liberalizzazione, bensì di accentramento del potere in favore di alcuni grandi gruppi. E il singolo farmacista non trarrà vantaggi dal nuovo decreto, di stampo più economico che sanitario: basti pensare che persino il ministro della Salute Livia Turco era contraria, ma non ha potuto dire nulla».
Cosa proponete come farmacisti?
«Di far uscire i medicinali dalle farmacie, ma solo quelli meno dannosi, cioè quelli da banco, da distribuire nei bar, negli autogrill o negli aeroporti anche senza il farmacista, ma in confezioni più piccole, per limitare i rischi.

Ciò assicurerebbe l’abbassamento dei prezzi, la distribuzione dei farmaci da banco ovunque, come vuole il decreto Bersani, ma per lo meno eviterebbe di favorire le cooperative rosse. Non ci arrenderemo, ci batteremo fino alla fine».

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