Contro i finanziamenti del Comune alla moschea di via Meda arriva la fatwa degli altri imam esclusi dall'erogazione dei fondi. All'indomani della notizia sui contributi di Palazzo Marino per il centro di preghiera del Coreis (la Comunità religiosa islamica italiana), le critiche più aspre non arrivano dalla Lega Nord ma dagli stessi musulmani. Soprattutto dai leader delle moschee di Segrate e viale Jenner, indispettiti per non avere ricevuto le sovvenzioni comunali. Il più polemico è Ali Abu Shwaima, imam di Segrate, che va all'attacco: «Anche noi abbiamo chiesto diverse volte al Comune di Milano dei finanziamenti e anche il terreno per la moschea, ma si vede che c'è l'interesse di qualcuno a dare i fondi solo a quattro gatti che nel panorama dell'Islam rappresentano soltanto se stessi. Già da tempo abbiamo scritto una lettera a Palazzo Marino per ricordare che Milano merita una moschea, ma il sindaco non si è neanche degnato di risponderci. Abbiamo chiesto almeno il patronato del Comune per il nostro ventennale, ma ancora una volta non abbiamo ottenuto risposta». E rincara la dose Shwaima: «Credo che dietro a questa scelta ci siano soltanto la simpatia di qualcuno per il Coreis e un favoritismo personale».
Ma anche sull'Ambrogino d'oro all'imam di via Meda, Yahya Pallavicini, Shwaima non è tenero: «Nel mondo musulmano è già diventato una barzelletta. Che cosa ha fatto il Coreis per Milano? Nulla».
Toni diversi ma la stessa amarezza nelle parole di Abdel Hamid Shaari, presidente del centro islamico di viale Jenner, per il quale «se il Comune dà i contributi a una moschea e non all'altra, vuol dire che per chi amministra ci sono due pesi e due misure. Se è così, meglio non finanziare nessuno, altrimenti significa che ci sono cittadini di primo e di secondo livello, musulmani buoni e cattivi, quelli belli in via Meda e quelli brutti in viale Jenner. Mentre tutti i musulmani dovrebbero essere uguali davanti alla Costituzione, e ancor più davanti a Dio». Accuse cui replica Pallavicini, che riferendosi alle moschee di Segrate e viale Jenner afferma: «I fatti di cronaca hanno già messo in luce la loro gestione non all'altezza». Mentre sul centro di preghiera di via Meda rivela: «Sarà ampio 250 metri quadri e punta a essere un modello per altre moschee di quartiere da realizzare a Milano, su iniziativa di organizzazioni serie e affidabili. Da un punto di vista strategico la città non ha nessun bisogno di una grande moschea in periferia, è meglio per tutti realizzare tanti piccoli luoghi di culto integrati nel tessuto urbano, evitando trapianti di immigrati da un quartiere in un altro che potrebbero creare dei ghetti».
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