Formigoni: chi mi teme sbaglia Voglio solo il successo del Polo

Marcello Chirico

da Milano

Il governatore lombardo si sta già preparando per il voto del 9 aprile. Al di là dell’ufficializzazione della sua candidatura nelle liste di Forza Italia (che ancora manca) e delle frizioni a muso duro con la «sfacciata, rozza, villana» Lega Nord (sono parole sue), che lo preferirebbe stanziale in Lombardia anziché senatore a Roma, col rischio di tornare tra due mesi a votare pure qui. Aldilà di questi che non sembrano semplici dettagli, Roberto Formigoni invita tutti - un po’ per scherzo, un po’ per civetteria dell’uomo - a chiamarlo già «senatore-presidente» - e accoglie noi del Giornale, nel suo «attico» al grattacielo Pirelli, con addosso «un vecchio cardigan» grigio, «analogo a quelli - spiegazione - che usano i senatori Andreotti e Cossiga. Fino a ieri lo indossavo in casa, adesso l’ho portato qui». Combinazione... ! Ma ci vuol spiegare perché ci tiene tanto a candidarsi? Non sta bene al Pirellone? «Ci sto a meraviglia, soprattutto da quando questa Regione ha ripreso ha funzionare e a fare cose di una valenza straordinaria. Non ho mica perso l’intelletto e nemmeno vado a caccia di una poltrona, tanto più che quella attuale vale come tre ministeri. Pongo solo un’opportunità politica».
Quale?
«Mettere a disposizione del centrodestra la storia, le capacità, la mia credibilità per quella che sarà una battaglia elettorale epocale per il Paese. Berlusconi si sta spendendo in maniera ammirevole, ritengo che ognuno di noi lo dovrà fare per scongiurare il rischio di una sconfitta».
A maggior ragione uno come Formigoni, pare di capire
«Dicono tutti, e non parlo solo dei miei amici, che rappresento un valore aggiunto per la coalizione, che ho realizzato cose eccellenti in questa Lombardia. Se il partito mobilita persino i giovanissimi, non vedo perché non possa candidare un giovane generale come il sottoscritto. Voglio dare rappresentanza politica quel sistema-Lombardia che sono riuscito a creare in questi anni e ai cattolici di Forza Italia».
Eppure qualcuno si oppone, nella coalizione così come nel suo stesso partito. Forse lei è troppo bravo e incute paura, quindi meglio confinarla al Pirellone.
«Ai partiti alleati dico semplicemente di farsi i fatti loro. Quanto al mio, allibisco: cosa temono?»
Che lei punti a scavalcare Fi per creare qualcosa di nuovo.
«Io mi candido con Fi e a fianco di Berlusconi per farli vincere, e farò di tutto per riuscirci».
Sì, ma dopo il voto?
«In politica bisogna ragionare ora per ora su ciò che serve e al momento l’imperativo categorico è quello di vincere. Per farlo bisogna fare come i missionari, tirando dentro tutti quelli che servono, dagli amici alle vecchie fiamme».
Sì, ma se si perde?
«Mi rifiuto di crederci, ma dovesse capitare resterò un bipolarista convinto e qualcosa di nuovo verrà. Ma lo discuteremo tutti insieme».
Si vocifera che nella Cdl qualcuno speri nella sconfitta in modo da liberarsi così di Berlusconi.
«Sarebbero dei traditori e dei suicidi. Se si perde tutti i leaderini della Cdl avrebbero il futuro compromesso».
Indipendentemente dall’esito del voto, se sarà eletto resterà al Senato?
«Valuterò il da farsi con Berlusconi, di sicuro non farò il senatore semplice».
Si rende conto che in Lombardia si tornerebbe a votare?
«Lo so bene, ma siccome sono una persona responsabile questo fatto peserà sulle mie decisioni».
La Lega non lo vuole, gliel’ha detto chiaro.
«La cosa non dipende da lei».
Il feeling tra lei e il Carroccio sembra finito. Si rifletterà sugli equilibri politici?
«Se la Lega capirà cosa significa far parte di una coalizione ci sarà ancora spazio per lei».
Nel Carroccio sono convinti che lei rovesci sulla Lega i suoi problemi con Berlusconi, sapendo dell’ottimo rapporto tra il premier e Bossi?
«Vuole mica farmi credere che la Lega sia quella disegnata nelle vignette? Al guinzaglio di Berlusconi? Non sia malizioso... ».
Cosa le dà la certezza che Berlusconi la candiderà?
«Perché condivide le mie ragioni, nonostante registri resistenze e mugugni di qualche sciocchino. Sono certo che mi candiderà perché non ho dubbi sull’intelligenza del premier».
Si ricorda come andò a finire un anno fa per la sua lista-riformista?
«Berlusconi cedette alle ribalderie dei miei avversari e io feci un passo indietro per senso di responsabilità.

Fu un errore, perché in Lombardia avremmo vinto con 40 punti di distacco anziché solo 10».
E se pure stavolta Berlusconi le dicesse di no?
«Sbaglierebbe di nuovo. Ma in quel caso non tutto rimarrebbe tale e quale».

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