Nel 2023 l'Italia ha destinato a pensioni, sanità e assistenza ben 583,7 miliardi, in crescita del 4,3% rispetto all'anno precedente. La spesa per prestazioni previdenziali è ammontata a 267,1 miliardi e vale il 12,55% del Pil (in linea con la media europea), restando stabile. Invece, per il capitolo assistenza sono 164,4 i miliardi a carico della fiscalità generale, con una spesa che dal 2008 (quando si attestava a 73 miliardi) è cresciuta tre volte più rapidamente di quella per le pensioni. È quanto emerge dal XII Rapporto del Centro studi di Itinerari Previdenziali sul bilancio del sistema previdenziale italiano. Il rapporto tra lavoratori e pensionati (i primi aumentati nell'anno a 23,754 milioni, i secondi a 16,230 milioni) sale così a quota 1,4636, il miglior valore della serie storica dello studio. Benché ancora al di sotto dell'1,5 già indicata come soglia minima per la stabilità di medio-lungo termine, nel complesso «il sistema regge», ha precisato il presidente del Centro studi Alberto Brambilla, ma «occorrerà un'applicazione puntuale dei due stabilizzatori automatici previsti», l'adeguamento di età e coefficienti di trasformazione all'aspettativa di vita. Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, si è tuttavia mostrato ottimista.
«Il mio orientamento è andare verso una sterilizzazione rispetto a queste forme di aumento», ha dichiarato ieri aggiungendo di aver dato indicazioni alla Ragioneria di attendere prima di emanare il decreto per l'adeguamento dei requisiti «perché la politica giustamente avrà tutto il tempo per fare le sue riflessioni». Posizione condivisa dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon: «Ci impegneremo a bloccare ogni inasprimento dei requisiti».
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