Fornero fa retromarcia: e accantona l'articolo 18

La riforma del lavoro esclusa dagli incontri coi sindacati. Ma l'Ue insiste nel chiedere nuove regole sui licenziamenti. Ricerca Eurostat: un giovane italiano su tre non ha futuro

Fornero fa retromarcia: e accantona l'articolo 18

Roma - Qualche cenno di assenso e poco più. Il ministro del Lavoro El­sa Fornero non ha scoperto le carte negli incontri di ieri con i sindacati riformisti. Il copione è stato lo ste­s­so del primo appuntamento con la leader della Cgil Susanna Camus­so. Prima un faccia a faccia con il se­gretario generale della Cisl Raffae­le Bonanni e poi, nel tardo pome­riggio, quello con il leader della Uil Luigi Angeletti. In entrambi i casi il ministro si è limitata ad ascoltare e a prendere nota, senza spiegare co­sa bolle nella pentola del governo.

Faccia a faccia propedeutici alla ri­forma del lavoro, che comunque dovrà passare per un confronto con tutte le parti sociali e, ancora prima, un incontro tra i tre princi­pali sindacati, richiesto ieri da Bo­nanni: «Di fronte a cose di buon senso - ha spiegato - saremo uniti, senz’altro». L’obiettivo è ricucire. Il ministro, ha riferito il segreta­rio della Cisl, si è detta disponibile a incontrare tutte le parti sociali. Viene quindi stemperato il meto­do Fornero che voleva esclusiva­menteincontriseparati. Tornapar­zialmente, laconcertazioneclassi­ca. Sono esclusi i salti in avanti che erano stati ipotizzati nei giorni scorsi. Venerdì potrebbe esserci un Consiglio dei ministri fuori pro­gramma, ma all’ordine del giorno non ci sarà il primo assaggio, cioè un provvedimento per ridurre il numero dei contratti. Obiettivo che resta comunque nell’agenda del governo. Grande assente dagli incontri di ieri, l’articolo 18,che esce tempora­neamente di scena. Anche perché - questo il ragionamento che preva­le nel governo- la norma dello Sta­tuto che obbliga il datore a riassu­mere il dipendente licenziato non è diffuso tra le categorie al centro della riforma, in particolare i giova­ni.

Quanto l’Italia non sia in linea con il mondo è emerso ieri dram­maticamente da un’indagine Euro­stat secondo la quale nell’Unione europea a 27 i lavoratori che non cercano un impiego sono 8 milioni 250 mila. E uno su tre di questi è ita­liano. Nonostante la spaccatura con la Cgil, sono state proprio Cisl e Uil ie­ri ha sgombrare il tavolo dall’argo­mento più ostico per la confedera­zione vicina alla sinistra. «Abbia­mo cercato di spiegare le ragioni per cui non vediamo la necessità di intervenire sull’articolo 18», ha spiegato Angeletti. A chiedere una nuova disciplina sui licenziamenti è anche l’Unione Europea. E alla fi­ne il governo, potrebbe essere co­stretto a introdurre qualche dero­ga, ad esempio per i licenziamenti economici. Per il resto, resta in campo un progetto di massima che compren­de il contratto prevalente, con un periodo di prova lungo durante il quale sarà possibile licenziare.

Ma non è escluso che il governo non faccia qualche passo indietro an­che su questo argomento, magari a favore di un rafforzamento dell’ap­pre­ndistato e dei contratti di inseri­mento, con incentivi fiscali per chi assume. L’altro grande tema è la ri­forma degli ammortizzatori socia­li. Fornero vorrebbe arrivare a un sussidio che copra una platea più vasta della cassa integrazione e de­gli assegni di disoccupazione. I sin­dacati hanno proposto di legare la cassa integrazione alla formazio­ne e su questo hanno trovato diver­si punti in comune con Fornero.

Chi è senza occupazione, ma non ne cerca o non accetta un nuovo la­voro, perde il sussidio

insomma. Oggi toccherà all’Ugl e domani a Confindustria. Assenti i sindacati autonomi, come la Confsal e la Ci­sal che ieri ha protestato: «È un pas­so indietro », ha denunciato il segre­tario generale Francesco Cavalla­ro.

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