Guido Mattioni
nostro inviato a Trieste
Questa è una storia dellestremo Nordest. Una storia raccontata dalla bora, il dispettoso vento che racchiude la verità delle ciacole. Una storia dove si parla di politica e potere, di favori e carriere inspiegabili, di soldi e amici. E di amici degli amici. Come tutte le storie, è fatta di parole. Ma la faremo iniziare con unequazione, a mo di bizzarra e illuminante premessa: Riccardo Illy sta al concetto di sinistra come Marco Pannella al culto di Padre Pio. Per dire che il segaligno discendente della dinastia triestina del caffè, il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia con il sostegno di una lista dal populistico quanto immodesto nome di «Cittadini per il Presidente», e, infine, in tale ruolo, anche lapripista italiano dello sdoganamento di Rifondazione comunista come forza di governo locale, ha ben poco a che spartire con il vermiglio dellideologia marxista-leninista. «Rosso», insomma, Illy non lo è per censo, non lo è per ceto, non lo è nemmeno per abitudini di vita e tantomeno per frequentazioni.
Larancione, invece, quello sì è il colore giusto. Cioè una via di mezzo, un «dico e non dico», un né carne né pesce, proprio come la sua lista. Una tinta sufficientemente vivace per eccitare un «compagno» spaesato (meglio del giallo itterizia del Tir di Prodi), ma anche abbastanza smorta da tranquillizzare un pavido moderato. Arancione come la Orange revolution di Kiev, che pochi sanno cosè, ma che fa tanto chic buttarla lì, magari a un happy hour. Arancione discretamente rivoluzionario («lo porti su tutto!») spesso indossato, non a caso, proprio da sua moglie Rossana Bettini, bionda dispensatrice di imperdibili pillole di bon ton sul quotidiano il Piccolo, nonché riverita giornalista enogastronomica. Arancione, ancora, come gli scomodissimi mobili feng shui che arredano gli studi dei massaggiatori shiatsu. Tutta paccottiglia radical chic, robaccia da birignao salottiero. Perché, oltre al potere e ai soldi, è in fondo quel filo - arancione - a tenere unito un ristretto milieu nel cui petto, a sinistra, sotto il cachemire, batte forte forte il portafogli. Ovviamente griffato.
Premessa lunga. Ma necessaria per iniziare a raccontare questa storia e per inquadrarne il protagonista. Il perché poi di Riccardo Illy se ne debba parlare oggi, è lattualità politica del Friuli Venezia Giulia a imporlo. Le cui cronache recenti - rivolta in strada degli impiegati regionali, locale catastrofe elettorale del centrosinistra e degli amici di Illy alle politiche, infine riconferma della Cdl al Comune di Trieste - sembrano infatti preannunciare un terremoto politico in coincidenza con le regionali 2008. Tanto che uno sciame di scosse, dapprima piccole, poi via via sempre più forti, sta già tracciando una percettibile crepa nel palazzo della Regione.
Il sommovimento, in realtà, era partito già nel 2003, subito dopo la salita al potere di Illy. Un passaggio di comandi reso possibile, va ricordato, da un imperdonabile bisticcio intestino del centrodestra. Che, per volere di Umberto Bossi, aveva schierato contro lindustriale del caffè, come front runner, la giovane leghista Alessandra Guerra in luogo del più esperto e radicato forzista Renzo Tondo. Consegnando così su un piatto dargento, al centrosinistra e al suo aspirante governatore, una terra tradizionalmente moderata.
Le prime scosse strumentali, rilevabili soltanto dagli addetti ai lavori, erano state registrate dai sismografi della politica subito dopo linsediamento di Illy e della sua squadra. Con lemergere di un personalissimo stile di comando altezzoso per cui, per esempio, impiegati e funzionari del piano di presidenza sono invitati a non salutarlo, forse per non dargli il fastidio di dover contraccambiare. O ancora lostentata uscita dallaula, o lesibita lettura dei giornali durante gli interventi dellopposizione. E a emergere è stato anche un esercizio del potere che il consigliere regionale (e senatore) di Forza Italia Giorgio Camber ha gustosamente sintetizzato in uninterrogazione come «le consolidate strategie aziendali del nostro Governatore, denominate mi, ti e Toni». Traducendo dal dialetto, se ce ne fosse bisogno: «Io, tu e Antonio». Nel senso degli amici. I soliti, i più stretti. Tutto il resto è plebe.
Il combinato disposto tra stile e metodo, agevolato dalla disponibilità di una cassa non aziendale, ma pubblica, ha prodotto in tempi brevissimi una folta squadra di vertice ingaggiata con ricchi contratti di consulenza. Per lesattezza 48 soltanto dal giugno 2003 (insediamento di Illy) al dicembre dello stesso anno. Iniziando per esempio da Angelo Baiguera, florido e riccioluto giovanottone, ex musicista ed ex giocatore di basket, nominato portavoce del Grande Capo per 115mila euro annui. Proseguendo con Fabio de Visintini (con la «de» minuscola, noblesse oblige!), ex farmacista, ex manager nel marketing, ex dirigente della muncipalizzata del gas e infine, assecondando il suo hobby, assurto al rango di fotografo di Casa Reale, autore di ieratici ritratti in bianco e nero. Meriti che gli sono valsi, in Regione, lincarico di direttore esterno per la Comunicazione. E 130mila euro ogni dodici mesi.
Ed è un settore, quello che ha lonore e lonere di comunicare e promuovere allesterno, al pubblico e alle altre istituzioni, le parole e le opere del Faraone, che costa ai friulani la bellezza di oltre 2 milioni di euro allanno, forte comè di un organico che sarebbe generoso definire folle. Si tratta infatti di 94 persone (diconsi 94, quante ne basterebbero per formare la redazione di un medio quotidiano nazionale), molte delle quali con la qualifica di funzionario.
Per la precisione, 25 sono i dipendenti dellUfficio comunicazione della Presidenza e 69 quelli complessivamente in carico agli uffici Stampa e di Gabinetto. Scendendo più nel dettaglio, dalla struttura diretta da de Visintini dipendono quattro sottostrutture: Comunicazione istituzionale (5 addetti), Eventi (6 a Trieste e uno a Udine), Relazioni pubbliche (8 in tutto: 2 a Trieste, 2 a Udine, 2 a Pordenone e uno ciascuno a Tolmezzo e Gorizia) e infine E-Net Web (5). Il che fa in tutto 25 persone, di cui 21 funzionari. A questi, per arrivare al totale di 94, vanno aggiunti gli 11 dellUfficio stampa (8 a Trieste più uno ciascuno nelle sedi distaccate delle altre tre province) che curano anche lAgenzia Cronache più la web tv regionale e lesercito di 58 addetti dellUfficio di Gabinetto.
(1.Continua)
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