Roma - E' scontro aperto sui fondi per lo spettacolo. A innescare la miccia è il regista Paolo Virzì in un dibattito organizzato al Piccolo Teatro Eliseo di Roma: "Si avverte una rabbia e un livore che fa pensare che nella società italiana si stia preparando una nuova Shoah culturale contro gli artisti, quella combriccola che festeggia a champagne, si sposta in limousine e va solo sui red carpet". Immediata la replica del ministro alla Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, che è fermamente intenzionato a tagliare i fondi destinati "solo a mantenere il ceto parassitario e autoreferenziale dei tanti artisti immaginari".
L'affondo di Virzì "Quello che mi ha colpito nella sparata del ministro Brunetta non è stata soltanto la disonestà intellettuale ma i consensi". Al dibattito sul Fondo Unico per lo Spettacolo organizzato oggi a Roma, al Piccolo Teatro Eliseo, a cui ha partecipato anche Ignazio Marino, candidato alla segreteria del Pd, Virzì denuncia "le aggressioni contro il cinema italiano" che "sembrano avere consensi quando ha detto che 'gli artisti sono parassiti mantenuti da risorse pubbliche', Brunetta era in una sala piena di giovani e più infieriva su Placido e Rossellini, più si sbellicavano dalle risate". Secondo il regista gli artisti sono "il bersaglio del disprezzo più furibondo, non sono tutelati come un prodotto nazionale come avviene ad esempio in Francia. In Italia, nessuno che non faccia il nostro mestiere - conclude, infine, Virzì - ha alzato la voce per dire che la cultura è utile come le energie rinnovabili".
La replica di Brunetta "Ma quale Shoah culturale!". Sbotta poi il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, tornando a dire "basta con i quattrini pubblici che servono solo a mantenere il ceto parassitario e autoreferenziale dei tanti artisti immaginari". "Privo di una sceneggiatura credibile - si legge nella nota - il regista Virzì rinunci almeno all’utilizzo maldestro di termini troppo tragici e impegnativi nella rabbiosa difesa della sua corporazione. Apra gli occhi e abbia finalmente il coraggio di osservare la realtà nella quale da tempo si trova immerso: la stragrande maggioranza dei cinematografari italiani non produce cultura ma solo più o meno buon cinema, e comunque contrabbanda come arte quello che è semplice spettacolo. Privi di ogni senso di autocritica, questi signori - continua Palazzo Vidoni - pretendono di continuare a ricevere soldi pubblici per realizzare spesso scadenti prodotti di intrattenimento che non riuscirebbero altrimenti a misurarsi col mercato". Quindi, afferma ancora il portavoce del ministro della Pa, "il sindacalista Virzì metta in pace il cuore che batte sotto il suo portafoglio: i cittadini stanno dalla parte di Brunetta perchè sono stufi di veder sperperati i propri soldi per film che non vengono nemmeno distribuiti nelle sale. Quattrini che servono solo a mantenere il ceto parassitario e autoreferenziale dei tanti artisti immaginari. Quelli, per intenderci - conclude la nota - che sono sempre pronti a denunciare all’estero il ritorno del ’regimè in Italia ma che poi, sotto sotto, rimangono i più accaniti nostalgici del meccanismo di finanziamento a priori di un’opera filmica, tipico del fascismo e di tutti i regimi autoritari".
Virzì di nuovo all'attacco "Queste parole rischiano di confermare tristemente i timori esposti in un ragionamento che avevo provato a proporre, che riguardavano non tanto il ministro, bensì il senso comune astioso verso i cineasti che circola in Italia in questo momento". Secondo Virzì, "attraverso un’opera di mistificazione, di sistematica disinformazione ed una campagna d’insulti di una ferocia inaudita è stata creata un’immagine mitologica secondo la quale il cinema italiano ha impedito la realizzazione di ospedali, scuole ed autostrade". "Qualcuno spieghi a questi signori arroganti ed in malafede, che se vi son stati sprechi e storture nell’impiego del Fus chi fa sul serio il nostro lavoro ne è stato vittima ed è stato il primo a subirne il danno - chiede quindi Virzì - il ministro Brunetta vuole abolire il FUS in nome del libero mercato? Per quanto mi riguarda va benissimo ma sono convinto che non potremmo augurarci di meglio: un mercato veramente libero dai monopoli, dove sia incentivata e non soffocata una pluralità di soggetti editoriali e produttivi". "Dio ci salvi da un nuovo MinCulPop, specie sotto la guida di figure dallo spessore culturale così mediocre.
Staremo a vedere se vi sarà la volontà di andare al di là di una tecnica di propaganda aggressiva e facilona, che non esito tuttavia a riconoscere come molto efficace nell’alimentare l’odio e il livore - ed era questo il senso del mio intervento di stamattina - o se l’obiettivo di certi attacchi fuori luogo è soltanto quello di far chinare il capo alle voci libere".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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