Ganz gioca nel Lugano, il rifugio dell’ex bomber

Come lui altri giocatori che, raggiunta una certa età, lasciano l’Italia per le squadre ticinesi

Andrea Villoresi

Da terra promessa a cimitero degli elefanti. Nel giro di poco il piccolo mondo calcistico ticinese è cambiato parecchio. Un anno fa, in linea con le direttive comunitarie, anche il calcio ticinese s’era dovuto adattare, per amore o per forza, e in taluni casi per convenienza, alle nuove norme che hanno abbattuto le barriere protezionistiche mirate a limitare l’ingaggio di calciatori stranieri. Via libera per tutti i comunitari, dunque, e il Cantone di confine, allora, aveva pescato parecchio soprattutto nel sottobosco del calcio azzurro, facendo affluire baldi giovanotti intenzionati a sfondare all’estero. E dando il via ad alleanze inedite, come quella del Chiasso con la Sampdoria, con l’idea di ridare lustro a un blasone piuttosto malridotto, visto e considerato che tutte le formazioni navigano ormai da tempo nella Challenge League, questo il nome della serie B elvetica. Un’annata di belle speranze, rimaste però tali. E allora quest’anno un po’ tutti hanno deciso di cambiare rotta e di puntare anche su qualche nome di grido. Il colpo grosso l’ha fatto il Lugano, finora incapace di tornare nella massima categoria dalla quale rimase escluso tre anni fa per le malefatte del presidente, finito tragicamente suicida nelle acque del Ceresio. La società ha ingaggiato Maurizio Ganz, vent’anni di onorabilissima carriera nella serie A italiana, reti a raffica con tante maglie diverse. E fra queste anche quelle di Milan e Inter, dove s’è guadagnato il titolo di «El segna semper lü» che s’è portato appresso anche in Ticino. Ma il bomber di Tolmezzo finora è rimasto all’asciutto. Comprensibile, visto che si porta appresso non solo la gloria, ma anche un bel mucchio di annetti, si va per i 38, che non sono pochi.
A Chiasso, dove opera il fratello del «diesse» della Samp, Marotta, le cose sono andate un po’ meglio, e quest’anno nell’anno del centenario del club della città di confine (nota a chi fa le statistiche per il fatto che ospitò nel 1908 il primissimo e storico derby fra Inter e Milan) s’è voluto puntare su un altro nome noto, quello di Roberto Galia, ex internazionale, oltre trecento partite in serie A, ingaggiato come allenatore. Però, vedendo all’opera Ganz, lui che ha solo cinque anni meno dell’ex avversario, un pensierino a rimettere gli scarpini gli sarà di certo frullato in testa. Galia a Chiasso ha portato in dote Alberto Colombo, già capitano del Como in serie B, ormai ultratrentenne, così come Gianluca Savoldi, figlio d’arte, ma, in fatto di gol, assai meno prolifico del padre. Un nome conosciuto ai tifosi lombardi è poi quello di Stefano Maccoppi, anche lui con un ricco album di ricordi calcistici a Como, Bari e Piacenza e ora impegnato sulla panchina del Bellinzona, dove qualche anno fa le redini societarie furono affidate al tandem Calleri-Damiani, che ne fecero un trampolino di lancio per giocatori oggi di grido: Matuzalem, Mensah, e Amauri sono per esempio passati dal Ticino prima del gran salto in Italia.

Tirando le somme, il Ticino calcistico è rimasto finora ai blocchi di partenza, rimettendo almeno per adesso i sogni nel cassetto; suoi e dei giovani lombardi che oltre confine speravano di trovare una sorta di terra promessa, che, invece, si sta vieppiù rivelando un cimitero degli elefanti.

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